La nuova musica salentina: Mazzate pesanti!!!

di Vincenzo Santoro3 marzo 2004

mazzatepesantipMazzate pesanti, il nuovo lavoro discografico di Aramirè – Compagnia di musica salentina, in uscita tro pochi giorni, è caratterizzato da alcuni brani che, pur restando nell’alveo vitale della tradizione musicale salentina, reinterpretata con grande sensibilità e attenzione all’insegnamento degli anziani cantori, propongono testi di esplicita critica politica e sociale, spesso di nuova composizione e di stretta attualità.Di questi pezzi, due appartengono alla tradizione dei “canti di protesta”, La tabbaccara, che descrive le difficili condizioni di vita delle operaie nei “magazzini” del tabacco, e Li mestieri, in cui la vita grama dei contadini, che “fanno la vita de pezzenti”

viene ironicamente paragonata a quella degli altri lavoratori più fortunati.Altri due brani invece sono la rielaborazione parziale di materiali tradizionali, che si riferiscono a situazioni del passato, con dei testi aggiornati agli avvenimenti di oggi. Opillopillopì è un vecchio canto di protesta, composto negli anni settanta (il ritornello: “opillopillopì opillopillopà bisogna pur lottare ma per la libertà”), che trattava delle lotte contadine, del Vietnam, del Cile, a cui sono state aggiunte delle strofe di solidarietà con gli immigrati stranieri di oggi in nome della memoria di un popolo, il nostro, di antica emigrazione (“prima erano italiani costretti ad emigrare, osci su l’arbanesi ca traversane lu mare; de lu Maroccu all’Africa, lu Senegal e la Turchia li poveri caminanu ca cercanu la via”), di feroce critica all’attuale governo (“aggiu giratu lu mundu aggiu visti brutti e boni, ma lu pesciu de tutti ete lu Sirviu Berlusconi”), ai programmi televisivi spazzatura “ca scemuniscenu la gente”, alla straripante attuale retorica della libertà, di cui “se parla e se cuntinua a parlare”, ma della “libertà al padrone si però de licenziare”.

Anche Scusati amici cari parte da un canto tradizionale, ma diventa poi, con delle strofe “nuove”, una critica pungente agli eccessi della moda esotica del Salento “tarantato” da vendere ai turisti, tutto mare, orecchiette e pizzica: “E culle scarpe nove aggiu scire a Santu Paulu, me fingu tarantatu e fazzu sordi comu a nu diavulu / Li ragni e le tarante suntu merce sapurita, lu tarantismu è morto ma lu tarantismu è vita”.

A Tricase no’ sse cantau chiui è invece un brano integralmente di nuova composizione, eseguito nel modo dei canti polivocali “alla stisa”, che ricorda la “rivolta di Tricase” (paese del Capo di Leuca) del 15 maggio 1935, dove una manifestazione di tabacchine venne repressa nel sangue dalla forza pubblica, che uccise cinque manifestanti.

A chiudere degnamente questo viaggio nella memoria e nell’impegno civile, il gruppo Aramirè dedica una “nuova” pizzica – la musica salentina per eccellenza – ad Adriano Sofri, un intellettuale coinvolto in un eclatante caso giudiziario, che sconta con grande dignità in carcere a Pisa una pesante condanna per un crimine di cui con ogni probabilità è stato accusato ingiustamente: “però te trattanu de delinguente, e fore li banditi fannu leggi / le leggi cu controllane l’Italia, li ladri fore e l’innocenti in gabbia”.

Completano il cd altri brani del repertorio tradizionale, in genere poco noti.

Contro la moda smemorata della “pizzicomania” che celebra una musica e un ritmo ma rimuove il vissuto reale e le sofferenze di coloro che quella musica e quel ritmo li hanno creati, Aramirè intende ribadire l’importanza della memoria, e di una musica che sappia conservare uno sguardo vigile e critico sul presente.

 

 

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