Bruce Springsteen e la pizzica

di Vincenzo Santoro
da www.pizzicata.it, 8 maggio 2006

Ho sempre pensato che per arricchire il nostro eterno dibattito su tradizione e innovazione nelle musica popolare, sarebbe stato utile andare a vedere la storia delle musiche degli Stati Uniti. Questo non per il solito provincialismo da periferia dell’Impero (per cui negli States tutto è per forza fatto meglio…), ma per almeno due ragioni fondamentali: perché, che ci piaccia o no, la musica popolare americana è diventata in qualche modo musica popolare “globale” (e quindi anche nostra); perché in quel grande paese come in nessun altro è evidente come l’evoluzione della musica “popolare” sia sempre il risultato di una catena continua di salti in avanti e di repentini ritorni indietro, di mescolamenti e di intrecci, di filologia “nostalgica” e di avanguardismi rivoluzionari. Il tutto inserito in dinamiche di mercato estreme (specialmente rispetto alle nostre…).

Da questo punto di vista, trovo straordinario il nuovo lavoro di Bruce Springsteen “We Shall Overcome. The Seeger Sessions”, che è un cd fatto tutto di cover di pezzi iper iper tradizionali (nelle versioni che ci ha “trasmesso” il grande Pete Seeger), eseguiti in maniera rigorosa, con una band di musicisti di ambito tradizionale (quindi violini, banjo, fiati dixieland e chi più ne ha più ne metta!). Detta così potrebbe sembrare una vera palla, invece secondo me – e secondo molti – il cd è una vera bomba!!!

Per riferirmi ai nostri infiniti dibattiti, dovrei chiedermi se questa operazione sia “moderna” o “meno”, oppure analizzare il grado di “filologia” o di “contaminazione” del disco, ecc ecc. E intanto milioni di persone nel mondo ascoltano e si innamorano canzoni i cui contenuti, nella maggior parte dei casi, non sono molto distanti da quelli dei nostri canti salentini (la famosissima “We shall overcome” è stata anche un canto dei lavoratori del tabacco…; “Pay my money down” non è così distante da “Lu sule calau calau” e così via). Tra le altre cose, Springsteen fa molto spesso con i “materiali tradizionali” un’operazione identica a quella che ha fatto il caro Roberto Raheli con “Opillopillopì”: riprende un brano molto conosciuto e molto riconoscibile e lo “attualizza” non tanto sulla musica, ma inserendo delle nuove parole che parlano delle cose di oggi.

Comunque su “We shall overcome” mi permetto di consigliare gli articoli appassionati e stimolanti – come al solito – che Sandro Portelli ha pubblicato sul suo blog: http://alessandroportelli.blogspot.com/

Se ti piace una canzone e credi di riuscire a farla meglio, cambiala e cantala.

Pete Segeer

Gli strumenti della musica folk non erano fatti per attaccarvi la spina. Erano fatti per viaggiare con le persone.

Bruce Springsteen

“We shall overcome”, che dà il titolo al cd, è forse il brano di Seeger più noto, inno dei movimenti di protesta degli anni ’60. Il brano era stato riportato a Pete nel 1947 da un picchetto di lavoratori neri di tabacco del sud in sciopero. Diverse aggiunte erano state fatte negli anni fino a quando, nel 1960, Guy Caravan lo aveva reso famoso e da allora venne eseguito regolarmente nel corso delle manifestazioni che sottolinearono il decennio della contestazione e della solidarietà.

Mariano De Simone, da “Jam” di maggio

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