Risposta di Sparagna a Durante

Riportiamo la risposta di Ambrogio Sparagna all’articolo con cui Daniele Durante denunciava una sorta di appropriazione indebita di alcuni brani della tradizione salentina nei credits del disco contenente il concertone della Notte della taranta del 2006. L’impressione è, che a naso, questa volta abbia ragione Sparagna, perché non dei brani in sé stiamo parlando, ma di loro riarrangiamenti (che poi possono piacere o meno, ma questo è un altro discorso). D’altra parte, sono decenni che alla Siae vengono registrati brani popolari come propri (attenzione: proprio i brani, non i nuovi arrangiamenti) da parte di musicisti noti e meno noti (e notissimi…), salentini e non; quindi, di che cosa ci stupiamo?

 


La Cultura Popolare e la creatività artistica
di Ambrogio Sparagna
da
La Gazzetta del Mezzogiorno di sabato 11 Agosto 2007

Osservo da lontano che, come ogni anno, con il sopraggiungere del Festival della Notte della Taranta, si surriscalda il clima fra gli “addetti ai lavori” che operano nell’ambito del recupero delle tradizioni popolari locali. Questo è un segnale importante, evidenzia la grande attenzione che il territorio pone a questo evento e costituisce un’occasione utile, se applicata con garbo e  intelligenza, per affrontare alcune questioni culturali che da sempre caratterizzano il dibattito sull’uso appropriato delle fonti nell’ambito dei processi di recupero delle tradizioni popolari.

Approfitto perciò dell’occasione della pubblicazione dell’articolo del M°Durante pubblicato nei giorni scorsi per portare anch’io un contributo a questa querelle che da anni infiamma tutta la scena culturale della riproposta delle tradizioni popolari. Nel suo articolo il M° Durante solleva una questione importante che ha implicazioni sia di carattere etnomusicologico che artistico: è lecito trasformare la linea melodica di un canto popolare applicando un’altra melodia al testo originario? La domanda è complessa e proverò ad illustrare brevemente il mio punto di vista a riguardo. Voglio partire dalla mia esperienza di ricercatore. Mi è capitato molte volte di sentire tante versioni melodiche di un identico canto, vale a dire dello stesso testo poetico. Ho osservato questo fenomeno sia nei repertori di canti narrativi che in quelli religiosi. Cito come esempio: la versione melodica di Sia benedetto ci fice lu munnu (che ho elaborato per l’edizione della Notte della Taranta del 2005) è profondamente diversa dalle tante ancora largamente in uso in Sicilia e in tante altri parti d’Italia, in particolare nel Lazio, dove addirittura è presente in raccolte antologiche storiche come quelle di Gigi Zanazzo e di Eugenio Cirese.

Uno dei procedimenti tipici della creatività popolare è proprio quello di caratterizzare con proprie melodie il testo di un canto. La versione di Donna lombarda di Spongano, ad esempio, ha lo stesso testo tipico delle tante ballate diffuse in tutto il territorio nazionale ma possiede una melodia propria. Questo a sottolineare come in ambito popolare si verifichi spesso che ad un testo di un canto si applichino diverse linee melodiche, a seconda dei luoghi in cui quel brano si diffonde. La ricchezza del patrimonio sonoro etnomusicologico, conservata sia negli archivi che pubblicata nelle varie raccolte discografiche, manifesta la varietà di queste versioni, rivela l’appartenenza identitaria di un canto e rappresenta uno straordinario strumento di comparazione culturale.

La pubblicazione delle tante raccolte antologiche di canti popolari eseguite direttamente dalla viva voce di “alberi di canto” rappresenta perciò uno strumento di grande valore, non solo documentale ma favorisce anche l’ispirazione poetica di chi vuole, partendo da questo repertorio, creare un proprio percorso artistico e costruire una poetica musicale personale. La varietà delle fonti etnomusicali realizzate nel Salento, grazie all’opera di valenti ricercatori e all’attenzione degli Enti locali, è molto ricca e ha consentito il proliferare di numerose elaborazioni di canti popolari, alcune delle quali realizzate dallo stesso M°Durante. La rielaborazione dei canti salentini, e colgo qui l’occasione per ricordare come la nozione di «rielaborazione popolare» sia centrale negli studi demologici ed etnomusicolgici, ha trovato nella Notte della Taranta il fulcro centrale di questo grande movimento e il filo rosso che ha unito tanti Maestri concertatori che si sono avvicendati sul palco a Melpignano. Nel mio caso ho realizzato durante i tre anni della mia permanenza nel Salento una serie di elaborazioni per una grande Orchestra di strumenti popolari. La tipologia dell’organico impiegato ha condizionato la modalità del mio intervento. In particolare nella scrittura dell’orchestrazione dell’elaborazione. In alcuni casi ho utilizzato alcune linee melodiche tradizionali in modo integrale, in altri ho conservato solo una parte della linea originale del canto arricchendo il brano con interludi strumentali, in altri ancora ho utilizzato del brano solo il testo poetico e ho composto una melodia originale specifica. Questa modalità l’ho applicata non solo per testi privi di una versione melodica, ma anche per alcuni canti dove si ha la testimonianza di una serie di trascrizioni musicali che confermano la fonte originaria.

Dato che il mio intervento su questi brani non è stato solo di rielaborazione ma anche di profonda riscrittura melodica, in quanto partendo dal testo originario ho trasformato sensibilmente la melodia da cui avevo tratto ispirazione (cambiandola per esempio da un modo maggiore ad un modo minore), ho voluto evidenziare, per rispetto delle fonti tradizionali di riferimento, l’originalità e la differenza del mio lavoro artistico. Tutto questo è stato fatto nel rispetto della “tradizione”.

Ho potuto infatti realizzare la mia versione del canto dei carcerati di Lecce proprio in quanto quella del grande Uccio Bandello è “tutelata” negli archivi e dalle numerose pubblicazioni largamente diffuse. Il canto tradizionale salentino di San Franciscu è quello di Uccio, mentre la mia è una versione personale, originale, che si ispira liberamente a quella tradizionale ascoltata dalla viva voce del grande cantore salentino. E questo va chiarito per non generare confusioni fra quello che è il prodotto “autentico” della cultura popolare e quello che è invece il frutto della sensibilità creativa di un artista. Questo è stato il mio proponimento che, se necessario, potrà essere ulteriormente esplicitato anche con altre modalità. Ho grande rispetto per i cantori popolari: sono i miei maestri. Sono un musicista in cerca di un proprio linguaggio creativo autonomo che durante questo entusiasmante cammino incontra rischi e difficoltà ma che affronta il rapporto con la “Tradizione” con rispetto, entusiasmo e passione.

 

FacebookTwitterGoogle+WhatsAppGoogle GmailCondividi

Lascia una risposta