I canti della Passione di Castelsardo

Intervista a Bernard Lortat-Jacob

di Vincenzo Santoro

da Anci Rivista, marzo 2008Bernard Lortat-Jacob è Direttore di ricerca al Centre National de la Recherche scientifique e responsabile del Laboratooire d’etnomusicologie du Musée de l’Homme a Parigi, che da diversi anni conduce studi sulle tradizioni musicale sarde. Nel 1996 ha pubblicato per i tipi della Libreria Musicale Italiana Canti di Passione. Castelsardo, Sardegna.

lunissantiLa Sardegna è una regione particolarmente ricca di repertori musicali associati ai riti della Passione. Quali sono le caratteristiche che distinguono i canti di Castelsardo da quelli di altri luoghi?

A Castelsardo la responsabilità dei canti è affidata a una Confraternita – chiamata “L’Oratorio” – che, a differenza di quello che succede nel resto della Sardegna, è in piena funzione, e svolge vari compiti connessi alla vita reale della comunità, che riguardano non solo i riti della Settimana Santa, ma anche altre cose molto importanti, come l’accompagnamento – con l’esecuzione di canti – dei morti al Camposanto. Queste attività, che sono molto impegnative per i confratelli, danno una natura un po’ particolare alla Confraternita.. Farne parte è un grande onore, ma anche un grande sacrificio. Essa si caratterizza come una piccola comunità, in cui si passa molto tempo insieme, si canta, ma anche si discute tanto, si litiga persino. Questo microcosmo, che esiste da secoli, è riuscito a garantire la sopravvivenza di un repertorio di canti straordinario.

Canti che sono uno splendido esempio di repertorio sacro che si è conservato sostanzialmente integro per molti secoli, nonostante la sua trasmissione sia avvenuta secondo le modalità della “tradizione orale”, che invece tende a imporre continue modifiche e varianti. Come si spiega questa contraddizione?

La tradizione orale è molto fragile e molto forte allo stesso tempo: non c’è la scrittura musicale, ma richiede un consenso sociale, e ciò crea dei limiti alle innovazioni che i cantori possono portare nell’espressione della loro personalità. È come un monumento, che non si può cambiare facilmente. Se un cantore in qualche modo “va oltre”, viene messo da parte, e lo stesso avviene se non si impegna abbastanza Il repertorio di Castelsardo è molto antico, risale probabilmente alla fine del XVI secolo, ed è basato sul “falsobordone”, una forma di polifonia a quattro voci che si diffuse nei canti sacri a partire dal Concilio di Trento. I confratelli si sono appropriati di questa tecnica, rielaborandola, sviluppandone progressivamente l’espressività fino a farla diventare un vero capolavoro. E questo attraverso un processo che è appunto tipico della tradizione orale: i cantori si mettono in competizione tra di loro per abbellire i canti, modificandone la modulazione, imponendo lunghe durate, inserendo passaggi sempre più “virtuosistici”, fino ad arrivare quasi alla perfezione. In un certo senso questi canti sono stati creati dalla “passione” dei confratelli.

Questa esperienza straordinaria è ancora oggi in buona salute?

Oggi ci sono delle difficoltà, dovute un po’ alla spettacolarizzazione dei momenti rituali, ma soprattutto alla difficoltà di conciliare i sacrifici che impone l’appartenenza alla Confraternita con i ritmi della vita moderna. Per partecipare pienamente alla vita dell’Oratorio, e onorare tutti gli impegni che ciò comporta, un confratello dovrebbe impiegare circa il 20% del proprio tempo. E questo è difficile nei tempi moderni.

 

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