Pizzica, notti in spiaggia e prezzi bassi. Così il Salento ha fatto il pieno

di Jenner Meletti

da Repubblica del 20 agosto 2009

Convento Agostiniani Melpignano

Convento Agostiniani Melpignano

Melpignano (Le). Il segreto viene svelato da Angelo e Antonia, arrivati con due amici da Milano su un furgone – camper che ha più dei loro anni. Sono lì, sull’immenso prato che sta davanti all’ex convento degli Agostiniani, dove sabato, 22 agosto, ci sarà la “Notte della Taranta”. «Il Salento – raccontano i due ragazzi – è libero. Se cerchi i posti giusti, puoi fare quello che vuoi. Non ci sono orari, trovi una pizza alle 10 del mattino o alle 2 della notte. Chiedi al contadino se puoi raccogliere qualche fico e lui ti consiglia la pianta più buona. E poi sei sempre in compagnia. L’altra notte, vicino a Otranto, abbiamo visto un fuoco in spiaggia. C’erano ragazze e ragazzi che cantavano e ballavano. Erano di Maglie: ci hanno accolti come se fossimo a scuola assieme». Sono i figli (e i nipoti) di quelli che cantavano “Non è Francesca”, i giovani che da qualche anno fanno la fortuna del Salento. I loro padri, o nonni, accendevano fuochi sulle spiagge della Romagna e del Veneto per scaldarsi dopo il bagno di mezzanotte e aspettare l’alba con le chitarre e le canzoni di Lucio Battisti. Poi le spiagge del Nord sono state blindate al calar della sera e solo qualcuna, adesso, viene riaperta: esclusivamente per pub e discoteche sulla sabbia alla ricerca dei quattrini perduti nelle disco con ingresso a 40 euro.

Atonia e Angelo l’anno scorso erano alla Notte della Taranta, 130.000 persone (secondo la questura), con bambini piccolissimi armati di tamburello davanti al palco, una marea di giovani e settantenni impegnati a ballare la pizzica. «Oggi vogliamo vedere il paese». Altri segreti del successo (quest’anno spiagge piene e code sulle strade, l’anno scorso 9,6 per cento di presenze in più, rispetto al 2007 che pure aveva guadagnato il 12,7 per cento) vengono svelati. Piazza San Giorgio è bellissima, dopo il restauro dei portici del ‘500. Strade pulite (qui si fa il 70 per cento di raccolta differenziata), case a corte che mostrano giardini. Un caffè al bar della pizza costa 65 centesimi, e appena fuori con 160 centesimi, oltre al caffè, ti servono al tavolo due “pasticciotti” con crema e mandorle. «Con un euro abbiamo comprato un chilo e mezzo di pomodori e il contadino, lungo la strada per Calimera, ci ha regalato pure due cipolle. C’è ancora un Salento dove davvero spendi pochissimo». Il sindaco di Melpignano, Sergio Blasi, era assessore alla cultura quando nel 1998 mise in piedi la prima Notte della Taranta. «Allora tanti confondevano il Salento con il Cilento e le previsioni meteo in tv parlavano delle Puglie e basta. Noi avevamo una storia, una cultura e questa musica che era lì da duecento, trecento anni. Ma tutto questo, in un mondo dove contava solo quel progresso economico che qui non arrivava, veniva vissuto come retaggio di un cattivo passato, Salvatore Quasimodo scrisse che questa nostra terra era “spaccata dal sole e dalla solitudine”. La Notte prende il nostro passato e lo mette davanti a tutti, con orgoglio. Lo fa dialogare con le altre culture di questo Mediterraneo che mette in contatto tre continenti. E non lo mette in vendita. Il rischio c’era, di banalizzare la nostra cultura, di immolare tutto al dio denaro. Di pensare la pizzica, le nenie, i canti funebri e quelli d’amore solo come materiale da cd. Penso di poter dire: l’impresa è riuscita. Abbiamo preso la marginalità e l’abbiamo fatta diventare un valore, non una moneta».

Meglio seguire le tracce delle altre Melpignano sparse in un Salento ancora quasi sconosciuto. Il luoghi già famosi da decenni ricordano infatti storie già viste. Gallipoli by night, ad esempio, sembra una Rimini degli anni ruggenti. Sul corso infinito che porta verso il ponte che collega la città nuova all’isola, mezz’ora dopo la mezzanotte, comincia il concerto dei clacson. Davanti a quattro bar, il Bellini, l’Havana e Co, il Rosso e Nero e il Chia Lù, si concentra infatti una strana movida che non si muove e piano piano dal largo marciapiede deborda in strada. Protestano quelli su quattro ruote, ma solo perché non riescono a raggiungere la movida del centro storico. Avanti e indietro, a guardare e farsi guardare, fra saldi di griffe, musica sparata, profumo di panzerotti fritti. In centro, gran vendita di «spugne naturali», stelle marine giganti e secche, sacchetti di cellophane pieni di conchiglie. Curiosa – anche se non esclusiva di questa città di mare – la forte presenza di ragazze in tubino nero, che sembrano tutte uguali, con quel filo di trucco leggero. La vista dall’alto compensa comunque la breve salita. Le luci della costa, i riflessi della luna, sembrano espandersi all’infinito.

Non tutti hanno aspettato con pazienza il rilancio di questa terra fino a dieci anni fa poco conosciuta. A Porto Cesareo case e palazzi sono stati costruiti fin sulle dune e le riva del mare. Il 19 luglio 2002, per attirare l’attenzione, qui hanno dedicato una spiaggia a Manuela Arcuri, in quanto «simbolo di bellezza e di prosperità». Statua che non è piaciuta a tutti: qualcuno, salito sul piedistallo, le ha spaccato il naso e la bocca. «Per fortuna – spiegano Massimiliano Ostilio, consulente della Regione per il turismo e Stefania Mandurino, presidente della azienda turismo di Lecce – gli altri sindaci si sono impegnati su fronti diversi. Il segreto del Salento è chiuso dentro ai 98 Comuni della Provincia. Visto il successo di Melpignano, tutti gli altri si sono dati da fare e così chi viene in vacanza sulle coste dell’Adriatico e dello Jonio si sente lusingato da cento proposte. Centri storici ripuliti e chiusi al traffico, manifestazioni, sagre, fiere, processioni e luminarie. La stessa sera puoi andare alla sagra del polpo o a quella dell’olio e del vino o andare a Otranto per l’opera popolare “Ottocento”. Puoi entrare nelle masserie e farti insegnare a preparare la pasta, puoi seguire i corsi di pizzica, essere guidato ai Paduli, il cuore del Salento, con 15.000 ettari di ulivi… Un tempo pensavamo che il mare bello sarebbe bastato, poi abbiamo capito che avevamo altre bellezze troppo nascoste, e le abbiamo mostrate a tutti. I numeri dicono che la scelta è stata giusta: 8 milioni di turisti nel 2000, 13 milioni adesso, senza contare chi va nelle case affittate in nero, dagli amici…».

«I salentini sono rimasti fuori da ogni grande investimento industriale – dice Franco Chiarello, docente di sociologia economica all’ateneo di Bari – e hanno capito che per uscire da questa marginalità l’inica risorsa era il territorio. Hanno offerto cose belle e anche un loro modo di vivere. L’orologio non è indispensabile, in questa terra. Ci vediamo domani mattina, ci troviamo nel pomeriggio… senza precisare. Si fa tardi la sera. Si passano le notti al mare, con i fuochi, soprattutto sulla costa jonica. Forse è proprio per questo che i giovani del Nord, quando arrivano qui, sentono di respirare un’aria di libertà».

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