Il dramma di Sarah, la speranza dell’«orchestra sparagnina»

Mentre loro imparavano a cantare, lei doveva imparare troppo in fretta a morire. Non è, poi, lontano Corigliano d’Otranto da Avetrana. Pezzi di terra dura

ambrogio-sparagna_bigdi Davide Rondoni

da l’Avvenire del 27 ottobre 2010

Mentre loro imparavano a cantare, lei doveva imparare troppo in fretta a morire. Non è, poi, lontano Corigliano d’Otranto da Avetrana. Pezzi di terra dura. Ma un posto è divenuto tristemente noto per l’omicidio e il buio che ci sta dietro e dentro, quel buio che ora i media tendono con pasto infame a moltiplicare. L’altro posto invece è stato protagonista qualche giorno fa su un altro palco, diverso da quelli luccicosi e freddissimi delle tv. Un gruppo di ragazzi di Corigliano infatti stava sul palco dell’Auditorium della Musica di Roma, insieme al maestro Ambrogio Sparagna, noto cultore e musico delle tradizioni italiane, l’uomo che ha reinventato la taranta e tanti altri canti popolari nostri.

L’auditorium era tutto esaurito per un appuntamento della Ottobrata romana che il maestro dedica alla riscoperta delle canzoni italiane. E quei ragazzi portati fin lì per esibirsi, dopo aver lavorato con i loro insegnanti coordinati da Sparagna, riscoprendo il grico, la lingua che da quelle parti è sedimento e gloria di qualcosa di remoto e di futuro, ecco quei ragazzi erano uguali a lei che fu Sarah, ragazzina simbolo di una provincia italica che ha voglia di esser protagonista, di svelarsi, di esistere. Ma loro hanno incontrato degli adulti disposti a compromettersi con loro, adulti vicini come gli insegnanti, e poi un maestro, uno che poteva anche non farlo, che non ha bisogno di farlo se non per comunicare una positività che gli brucia le vene, lo fa cantare e gli fa amare il passato come il futuro.

La differenza sta qui. Nell’aver i nostri ragazzi davanti degli adulti interessati a loro oppure no, o interessati a trarne solo profitto di vario genere. Quanti adulti lucrano sui ragazzini?

Inventando per loro marchingegni e mode, roba che fa mercato certo, ma anche fa vuoto. Quanti adulti siedono in consigli di amministrazione che ingrassano sui consumi inebetiti di ragazzini a cui rari adulti si accostano con la pazienza e la passione di trasmettere qualcosa per cui valga la pena vivere? L’alternativa andata in scena tra i grandi palchi televisivi pieni di parole e di niente e il palco pieno di musica e di cuore è l’alternativa di sempre. Da un lato il vuoto che inghiotte, dall’altra la pazienza che valorizza.

L’hanno chiamata «orchestra sparagnina», come piccolo simpatico omaggio al loro maestro. Un gesto di gratitudine per un adulto che si implica con dei ragazzi e sceglie di farlo indicando una postività dell’essere protagonisti. Non l’inseguimento delle luci della ribalta, ma lo scavo dentro di sé e dentro la propria storia e tradizione per avere più forte il senso e la pietà per quel che siamo e dovremo essere. Di Sarah e del suo strazio continueranno a parlare straziandola ancora adulti a cui non interessa niente dei ragazzini. Usano lei ancora per fare audience per i loro programmi. Usano i ragazzini per fare audience, per farli sembrare cantanti in miniatura, in una ‘pedofilia’ dell’immagine che fa ribrezzo, e usano i ragazzini per riempirsi le tasche. Buttano i riflettori su di loro per succhiare loro l’anima e i soldi. Di questi altri, invece, contenti d’aver cantato, dei ragazzi di Corigliano noi vogliamo parlare e degli adulti che li stanno accompagnando.

Perché indicare la strada da riprendere sempre è il modo migliore, l’unico vero modo per stare di fronte anche alle tragedie, per onorarne le vittime e per non lasciar spazio al nostro borghessissimo, comodo e mostruoso spirito che orrendo si commuove tanto e poi lascia tutto come prima…

Mentre loro imparavano a cantare, lei doveva imparare troppo in fretta a morire. Non è, poi, lontano Corigliano d’Otranto da Avetrana. Pezzi di terra dura

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