La taranta di Massimo D’Alema

di Francesco Lefons

da www.20centesimi.it, 27 agosto 2011

Intervista-dalemaSe alla Notte della Taranta si viene di giorno, nel pomeriggio, si possono vedere tante cose interessanti: dai musicisti che accordano gli strumenti, ai freakketoni già avvinazzati che brucano l’erba del prato tutti paunazzi. Soprattutto, si possono fare incontri inaspettati. A chi scrive è capitato di incrociare Massimo D’Alema – che di blu aveva solo l’abito – passeggiare amenamente con Massimo Bray e Sergio Blasi.

“Presidente, posso farle qualche domanda?”. “Certamente, mica è un crimine”. In effetti non lo è. Quasi quasi ne approfitto. Andiamo in mediateca.

 

E’ la prima volta alla Notte della Taranta?

Non proprio. Io ho scoperto la Taranta sui libri. Questo evento, questa Notte della Taranta è stata una ri-scoperta della grande tradizione della civiltà salentina. Sa, quand’ero giovane ero molto incuriosito da Ernesto De Martino.

E come giudica questa ri-scoperta?

Credo che aver riscoperto questo pezzo di tradizione che sembrava essere dimenticata – o comunque dimenticata dalla cultura cosiddetta alta – e averla portata a dialogare con la cultura contemporanea più qualificata, e avere poi fatto crescere questo evento, sia stata una grande operazione culturale.
Cultura, ma in un certo senso anche imprenditoria.

Direi allora imprenditoria culturale.

Eccoci arrivati.

Dove?

All’imprenditoria culturale. Un bel concetto.

Sì, credo che aver creato un evento come questo e poi averlo portato in giro per il mondo sia stata una mossa molto intelligente. Perché capisco la magia della Notte di Melpignano, ma la musica in fin dei conti è un bene esportabile.

E’ un bene universale.

E’ un bene universale quindi esportabile.

E cos’altro può essere questa musica per il Salento?

Può diventare un simbolo, oltre che uno straordinario elemento attrattore per il turismo. La Taranta oggi è importante perché riesce a portare nel Salento tantissime persone. Uno viene per la Taranta e poi si innamora del territorio, della sua tradizione, della sua civiltà e quindi il Salento cresce nella opinione del Paese.

Lineare.

Fin troppo. Vede, la Notte della Taranta è un fattore importante che fa bene alla visibilità del Salento. Poi, naturalmente, il ricordo del Salento di 30-35 anni fa, quando venirci era una vacanza-avventura, è un ricordo meraviglioso, parliamoci chiaro.

Si può ancora fare?

Cosa, mi scusi?

La vacanza-avventura.

Mah. Credo che il Salento cominci ad andare di moda; e questo, intendiamoci, è un fatto straordinariamente positivo. Perché “moda” significa opportunità di lavoro.

Sì, ma la moda va trasformata in sostanza, altrimenti passa.

Vero, ma qui c’è della qualità e non parlo solo della tradizione culturale. C’è una qualità in questo territorio ancora da scoprire del tutto, quindi secondo me il Salento può essere qualcosa di duraturo e non di passeggero.

Si lavora per questo o almeno così si dice.

Guardi, ho visto crescere questo territorio via via negli anni, progressivamente. Anche la Taranta non nasce mica adesso.

No di certo.

E’ una storia oramai lunga.

A suo avviso perché la Taranta oggi riscuote questo successo?

Secondo me è la qualità musicale di questa tradizione, che è straordinaria, sta nel suo essere strepitosamente coinvolgente. Si diventa completamente scemi. Anche persone posate se si lasciano coinvolgere dal clima della Taranta…

Mi scusi, però questa non è moda.

No, questa è una cosa bella e basta.

Il Salento però non è fatto solo di cose belle. Tra poco alcuni braccianti africani, sfruttati nei campi di pomodori e di angurie, leggeranno una lettera contro il capolarato e lo sfruttamento. Anche questo, oggi, è Salento.

Purtroppo sì. Tra le altre cose credo che queste persone che vengono qui hanno parecchio a che vedere con questa musica, perché questa musica è una musica di frontiera. E questo mondo di immigrazione viene qui a ricordarci che noi siamo una terra di passaggio, una terra di immigrati, di razze miste.

Ballerà?

Ballare… più che ballare ci si agita.

E che mi dice di questo paese di 2mila persone che tra un po’ ne ospiterà quasi 100mila?

Melpignano è il frutto di un grande lavoro, non è soltanto tradizione. Questo è un piccolo paese governato da giovani ed ex giovani intellettuali illuminati. Di sinistra.

Di sinistra, diciamolo.

E Diciamolo. Di sinistra. Melpignano era un’isola rossa nel Salento bianco. Ricordo Antonio Avantaggiato, storico sindaco, giovane medico che faceva volontariato. Eravamo amici. Io ero segretario regionale del Pci, parliamo di trent’anni fa. Ricordo che venivo nel Salento perché c’era questo piccolo Comune dove c’era il monocolore del Pci. Era il 1980.

Monocolore.

Sì, monocolore Pci. Melpignano. Era un pezzo di tradizione diversa tra tanti democristiani.

Che fa, si commuove?

Nel ricordo di Avantaggiato sì, quasi mi commuovo. Aveva fatto il parco Che Guevara, l’asilo nido comunale, cose che non esistevano da questa parti, non appartenevano alla tradizione. Vantaggiato aveva trasformato questa scheggia di Salento in una piccola Emilia rossa. Però, molto radicata alla tradizione.

Tradizione, una parola magica per Melpignano.

Quest’opera di ri-scoperta della tradizione popolare è cominciata allora.

A proposito di tradizione e ri-scoperta, ha mai sentito parlare di Regione Salento?

Sì, ma è un’idea fes… Cioè, secondo me non è la soluzione. Si tratta dell’idea un po’ povera per cui una grande questione di natura sociale e culturale si risolve attraverso gli uffici della Regione. Non c’è bisogno degli uffici della Regione. Il Salento c’è. E’ un pezzo della Puglia che influenza fortemente la Puglia.

E il baricentrismo?

Ma quando mai. La Regione Puglia io la conosco da tempo. E’ stata governata da Ninì Quarta, da Fitto padre, da Fitto figlio. L’influenza che il Salento ha avuto sulla Regione è sempre stata un’influenza determinante. Adesso abbiamo Nichi, ma insomma, Nichi…

Nichi?

Nichi.

Diceva?

Semmai i baresi si sono a lungo lamentati del fatto che il mondo salentino avesse un’influenza così determinante sulle istituzioni baresi. Ripeto, il Salento ha sempre avuto un’influenza determinante sulla Puglia. Non ha bisogno di mettersi per conto proprio. Non è quella la soluzione. Quella è una forma di isolamento.

Il Contrario della Notte della Taranta, se non ho capito male.

Esatto. La bellezza della Notte della Taranta è di proporre il Salento come uno straordinario luogo di comunicazione col resto del mondo. Che senso ha nell’era della globalizzazione mettersi a fare la Regione Salento?

Non lo so, lei che dice?

Che non ha senso.

 

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