Il folklore italiano visto dall’Ottocento

di Sergio Torsello, in “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 16 dicembre 2013

primaetnografiaL’Ottocento fu il “secolo d’oro” per gli studi sulle tradizioni popolari. Prima il “popolarismo” romantico poi, a cavallo tra Otto e Novecento, i più moderni indirizzi storico-filologici contribuirono alla definizione dei principi di una nuova “scienza del folklore”. Nascono in quest’ultimo periodo due importanti riviste, l’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari di Giuseppe Pitrè e la Rivista delle tradizioni popolari italiane di Angelo De Gubernatis che avranno un ruolo fondamentale nel dibattito e nella documentazione sul “mondo popolare” delle diverse regioni italiane. Le due riviste sono ora nuovamente disponibili in un Dvd allegato al volume Prima etnografia d’Italia. Gli studi di folklore tra ‘800 e ‘900 nel quadro europeo, (Franco Angeli, pp.274, euro 29) curato da Gian Luigi Bravo ed edito grazie al meritorio impegno della Federazione Italiana Tradizioni Popolari, diretta da Benito Ripoli, che dal 1970 associa gruppi folklorici di tutte le regioni italiane. Negli anni ‘60 le riviste erano state ristampate in edizione anastatica dall’editore Forni di Bologna (otto volumi per complessive 14.000 pagine l’Archivio, due volumi per quasi 1.500 pagine la Rivista), ma ormai da tempo erano esaurite o comunque difficilmente accessibili ad un pubblico più vasto. L’Archivio ( pubblicato dal 1882 al 1909) e la Rivista (apparsa dal 1893 al 1895) ospitarono complessivamente più di seimila tra note, articoli, saggi, che documentano linguaggi espressivi, “usi e costumi” delle classi popolari d’Italia in un periodo cruciale in cui – come scrive Gian Luigi Bravo nel saggio introduttivo – “contro i ritmi più lenti delle comunità e delle culture agropastorali locali, si affacciano quelli più dirompenti della modernità e dell’unificazione nazionale”. E sono tante anche le testimonianze provenienti dalla Terra d’Otranto: “collezioni” di canti popolari, proverbi e leggende, saggi e articoli su tradizioni locali come i riti della Settimana Santa e il tarantismo. Dal Salento collaborarono saltuariamente all’Archivio, tra gli altri, Giuseppe Gigli e Salvatore Panareo; alla Rivista Caterina Barbara Forleo (che firmava i suoi articoli con lo pseudonimo Duchessa D’Este), Vito Domenico Palumbo (che scriveva da Sezze, in provincia di Latina, dove si era temporaneamente trasferito) il canonico martignanese Francesco Bray, il medico di Grottaglie Ignazio Carrieri. Si tratta, com’è facile intuire, di un’iniziativa di notevole importanza per gli studi demologici italiani. Lo confermano anche i saggi raccolti nel volume cui è allegato il Dvd, che offrono un eccellente sussidio per orientarsi nella vastissima mole documentaria offerta dalle due riviste. Enzo Alliegro e Vinicio Coppola collocano il contributo delle riviste nel contesto degli studi italiani di folklore, mentre Luisa Perla allarga lo sguardo ad un più ampio quadro di riferimento europeo. Opportuni approfondimenti sono inoltre dedicati alla documentazione riguardante realtà regionali come la Sardegna (Mario Atzori e Maria Margherita Satta), il folklore giuridico (Patrizia Resta), le tradizioni musicali e coreutiche (Giuseppe M. Gala). Laura Bonato illustra infine un agevole sistema di consultazione informatizzata dell’Archivio. Ma l’importanza maggiore dell’iniziativa consiste senza dubbio nell’aver consegnato alla fruizione di studiosi, gruppi folklorici e di revival, semplici appassionati, insomma al multiforme “movimento” del folk revival contemporaneo, una documentazione “essenziale e preziosa” – scrive ancora Bravo – che fornisce “adeguati materiali di riferimento e di confronto” per le attività di recupero, rivitalizzazione e reinvenzione di “tratti di cultura agropastorali, preindustriali, nell’espressione più corrente tradizionali”.

 

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