Una Pizzica amara per un Salento a tinte (molto) forti

pizzica-amaraUno degli effetti collaterali più inattesi dell’esplosione del Salento turistico degli ultimi anni è il proliferare di romanzi che vi vengono ambientati. Il singolare fenomeno, di cui ho già parlato nel mio Il ritorno della taranta (1) e in un articolo di qualche anno fa (2), non accenna a fermarsi, anzi. Solo per considerare le ultime uscite, oltre ai tanti scrittori salentini che pubblicano per le vivaci case editrici locali, si dovrebbero citare almeno L’amore a due passi di Catena Fiorello (Giunti 2016), Notturno salentino di Federica De Paolis (Mondadori 2018) e il recentissimo Idda di Michela Marzano (Einaudi 2019). Come si vede, tutte case editrici nazionali.

Alcuni di questi romanzi hanno poi ripreso in particolare  – spesso purtroppo con notevoli semplificazioni, esotismi di varia natura e falsificazioni vere e proprie –  temi, protagonisti e luoghi propri della cultura popolare, a volte in ruoli secondari o come semplice ispirazione, a volte come protagonisti assoluti(3).

L’ultimi arrivato è uno dei libri più significativi del genere, Pizzica amara di Gabriella Genisi (Rizzoli 2019), che già dal titolo annuncia il forte legame con la musica salentina per eccellenza. Si tratta di un romanzo “poliziesco” a tinte nerissime, ambientato nel Salento attuale, dove l’apparenza scintillante del divertimentificio turistico copre una realtà inquietante e lacerata da forti contrasti:

Il Salento era cambiato di poco, a dispetto dei set cinematografici e dei vip che arrivavano da ogni parte del mondo. Agli occhi dei più, l’essenza del luogo era nel paesaggio da cartolina costruito a uso e consumo dei turisti che ogni estate affollavano le spiagge, ballavano la pizzica nelle piazze sbiancate dal sole e restavano incantati davanti alle maestose masserie. Difficilmente in una settimana al mare arrivavi a capire che sotto quei ricci barocchi di pietra leccese e oltre la dolcezza dei pasticciotti alla crema c’era una crosta dura da grattare via. Esisteva un Salento più oscuro e profondo, fatto di rituali di salvezza e patti con il maligno, che affondava le radici in un passato antico, un cattivo passato che risaliva dalle viscere fino alla terra rossa come il sangue delle campagne salentine. Dove ulivi millenari dai tronchi contorti e scolpiti dal vento stavano come anime inquiete imprigionate al suolo, ammalate di un male ignoto e incapaci di liberarsi da quella morsa. C’era una terra sconosciuta ancora impermeabile al nuovo, dove le ragnatele della criminalità organizzata si spandevano a più non posso. E c’era il mistero nero di quel Sud ancora intriso in imbuti di civiltà, di fanatismo e magia, di credenze popolari, di superstizione(4).

“Chicca” Lopez, la protagonista, giovane maresciallo dei carabinieri forte, coraggiosa e tormentata, si muove attraverso molte contraddizioni per indagare su una terribile serie di delitti che insanguinano questa terra a cui è visceralmente legata. Il romanzo segue il complicato percorso con cui i nodi di una trama funesta vengono sciolti, per giungere a un epilogo drammatico. In questa storia a tinte forti il Salento di oggi è descritto minuziosamente, nei suoi paesini sperduti, nella sua campagna di antica bellezza segnata dall’inesorabile avanzare della xylella che attacca e uccide gli ulivi secolari, nel sontuoso e un po’ fatuo, ma anche vivace e multietnico, capoluogo barocco, nella sua deliziosa tradizione culinaria, continuamente richiamata nel testo, nell’uso insistente di espressioni dialettali, nel richiamo al passato del duro lavoro ma anche delle lotte sociali delle tabacchine, su cui l’autrice si sofferma in un breve viaggio in quella storia nella storia, e infine grazie all’affascinante idea di usare come titoli per i capitoli versi tratti dalle poesie di Vittorio Bodini, il “poeta nazionale” salentino. Qui un ruolo da protagonisti lo ricoprono il tarantismo e la sua musica, la pizzica, continuamente richiamati e descritti nelle scene festive ma anche in una problematica riproposizione contemporanea della terapia, raccontata in un lungo episodio che assume un ruolo fondamentale per l’esito dell’indagine del maresciallo Lopez:

La veste bianca incollata alla pelle, Martina ballava, non più frustata da quella musica come una bestia selvatica ma fusa con essa, addomesticata. Ruotava su se stessa, gli occhi chiusi e le braccia aperte. Maria cantava continuando a battere il tamburello:

«Lu Santu Paulu meu de le tarante / lu Santu Paulu meu de le tarante / pizzichi le caruse ’mmenzu ll’anche / ca me pizzicau allu core mamma mia ce dulore / ca me pizzicau allu core mamma mia ce dulore».

I suonatori incalzavano, sudati, stravolti dalla fatica, gli occhi sgranati, attenti a cogliere il segno della resa imminente della bestia. Martina cominciò a scuotere il capo con violenza, sempre battendo il suolo con i piedi danzanti, cinque volte al secondo. Poi all’improvviso da quella bocca per tanto tempo muta eruppe un grido lancinante e acuto, che rimbalzò sui muri della casa, uscì fuori dalle finestre, si sparse nel buio della campagna e azzittì qualunque altro suono intorno(5).

Pizzica amara è un’opera ambiziosa, che, in linea con la vocazione “sociale” di una certa letteratura noir, vuole utilizzare il racconto di una (complessa) indagine poliziesca per far emergere le contraddizioni e il fondo “amaro” del Salento contemporaneo. Operazione che, al netto di qualche passaggio forse eccessivamente sopra le righe, mi pare complessivamente riuscita.

1) Il ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina, Squilibri 2009, pp. 204-221.

2) La Puglia immaginata. Una regione scritta da altrove, da Coolclub.it n. 63 di aprile 2010,

(3) Singolare anche il caso di due romanzi, usciti nel 2015, che hanno nel titolo due distinti lamenti funebri della tradizione grica pubblicati da Brizio Montinaro e si riferiscono a temi della cultura popolare salentina (Tutto è notte nera di Umberto Matino, Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone e di Viene la morte che non rispetta di Alessandro Defilippi edito da Einaudi. Vedi: http://lnx.vincenzosantoro.it/2015/12/18/appena-usciti-due-libri-aventi-come-titolo-due-distinti-lamenti-funebri-della-tradizione-grica/ . Un piacevole recente esempio di giallo “pizzicato” è La libertà danza fra gli ulivi di Alessandro Bozzi (Musicaos editore 2017). L’antecedente illustre di questi libri è sicuramente Finibusterrae di Luigi Corvaglia (1936), importante romanzo storico ambientato nel Capo di Leuca della prima metà dell’800, in cui è presente la descrizione minuziosa di una terapia musicale somministrata a una tarantata (è probabile che Corvaglia conoscesse il rito per osservazione diretta). L’opera fu pubblicata originariamente dell’Editrice Dante Alighieri di Milano, poi ristampata anastaticamente con una densa introduzione di Donato Valli nel 1981 presso Congedo Editore di Galatina e successivamente nel 2006 presso Edizioni dell’Iride di Tricase.

(4) Gabriella Genisi, Pizzica amara, Rizzoli, Segrate (Mi), 2019, pp. 33-34.

(5) Ivi, p. 340.

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