Come cresce e si trasforma la Notte della Taranta. Tra cultura e marketing
“Se sei bello, ti tirano le pietre. Se sei brutto, ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, ovunque te ne andrai, per sempre pietre in faccia prenderai”, era una canzone degli anni sessanta che facilmente verrabbe da canticchiare per dedicarla a Sergio Blasi, sindaco di Melpignano e anima della Notte della Taranta, in questi giorni di agoste. Che il mega fenomeno della Notte è già partito come un lungo carrozzone, con i suoi 800 musicisti coinvolti e un fiume di persone pronte a porgere orecchio, arrivate da tutta Italia.
Senza contare (i conti si fanno alla fine) tutto l’indotto che le due settimane di concerti producono sul territorio. Negli ultimi anni sono sorti una miriade di bed&brekfast e agriturismi che faticano a servire tutte le richieste, poi ci sono le locande, i bar, le trattorie, ma anche i venditori ambulanti, che diventano sempre più raffinati e a tema (una serie di bancarelle con tutto l’etnico del mondo), che seguono la Notte come le api l’odore del polline; i tanti giovani che nel frattempo hanno fatto della musica un mestiere, e via via.
Ma, assieme all’energia che corre tra i paesi della Grecìa che ospitano la serie di concerti e incontri, messa in circolo sia dai musicisti e sia da tutti quelli che corrono ad ogni appuntamento per ascoltare e per ballare, assieme a questa energia positiva arrivano anche i fulmini delle polemiche, a colpire l’evento più evento di tutta la Puglia.
L’ultimo fulmine caduto su Melpignano, e quindi sul suo sindaco intraprendente, è del famoso scrittore Roberto Cotroneo, che ha scelto il Salento come secondoa patria, e dove ha ambientato due dei suoi romanzi (“Otranto” e l’ultimo “Questo amore”, ispirato alla storia di due personaggi noti di Lecce).
E’ apparsa ieri, sulle pagine regionali di “Repubblica”, la nota polemica dello scrittore romano, che inizia la sua carriera proprio come critico (ma famoso come stroncatore letterario sull’Espresso) in cui azzera l’importanza del mega evento, perchè di culturale ha ben poco. In un certo senso, il Cotroneo, si mette sulla scia di tutti coloro che da anni, dall’alto di una visone purista della tradizione popolare salentina, continuano a denigrare questa modalità tutta “melpignanese”, molto rave (per via delle grandi folle e dei grandi numeri) di trattare la pizzica e il tarantismo.
“Negli ultimi dieci anni c’è stata un’accellerazione in direzione della pizzica, delle tarante, dei tarantismi, di un’oleografia fatta di muretti a secco. Ma queste cose non esistono nella realtà”, dice lo scrittore, che invece si sente uno degli inventori del marchio della salentinità, dal suo osservatorio privilegiato, il balcone di Otranto, da dove osserva la gens salentina da 20 anni. E così attacca l’evento che più di tutti rappresenta, come un grumo di sangue vivo, questo flusso energetico che ha avuto parecchie etichette, per essere esportato dall’esteno e venduto sulle bancarelle dei tour operator. Il “Salento d’amare” della stagione Ria, che lo stesso Cotroneo riconosce come una delle migliori, perchè è coinciso con la rinascita di una terra che sembrava troppo lontana da tutto, nel tempo e nello spazio.
Atta e dice: “la Taranta è un grande golem sul quale tutti scaricano la salentinità del nulla”, mentre, “un network importante come quello della Grecìa Salentina si va dissolvendo e lì si poteva giocare buona parte dell’identità di questa terra. La Notte fatta così non serve”. Cioè, con i nomi di richiamo, come Gianna Nannini o Lucio Dalla, che chiuderà la festa finale di quest’anno.
Vero è che quello che sta accandendo, negli ultimi cinque anni, in questo lembo di roccia pieno di boschi di ulivi, è difficile interpretarlo con due parole, o peggio, liquidarlo come fa lo stroncatore romano. Quello che non serve di certo è fare confusione tra cultura e un evento di tali dimensioni, lì dove c’è un turismo che apparecchia le proprie ferie in sincronia con l’appuntamento di Melpignano, che non necessariamente deve o può rappresentare tutta la Cultura, con la C maiuscola.
E’ un fenome su cui dovrebebro già metteri a studiare i sociologi e gli antropologi, e non già per ripescare nuove forme di tarantismo contemporaneo, ma per capire, ad esempio, quali cambiamenti stanno avvenendo negli animi di chi questa terra la abita sempre, e che per un mese l’anno si trova invasa da un entusiasmo esagerato. Da un esercito di punkabestia che qui ha trovato l’India, e che può consumare i propri rituali di musica e droga per tre giorni ininterrotamente, con il tacito consento della poliza.
Che farsene, quindi, di giudizi così sommari?
tratto da Paese Nuovo del 18 agosto 2006
di A. Mar.