E gli editori suppliscono al vuoto

Da Aramiré a Kurumuny, Besa, Capone i titoli o i cd che recuperano memorie e tradizioni

di Carla Petrachi
da Paese Nuovo del 12/08/2005

Quel che non fanno le isti­tuzioni, lo fanno i privati. Devi andare a cercare i libri e i cd pubblicati da Aramiré, Kurumuny (che ultimamen­te ha dedicato una pubblica­zione a Stendalì), Besa, per certi versi Capone – ovvia­mente ognuno con specifi­cità e anche spessori e cara­ture differenti – i materiali prodotti dall’associazione Menamenamò di Spongano, per trovare musiche, suoni, carte, biografie, ricostruzioni, analisi, sulla memoria orale e la tradizionale musi­cale salentina. Così il grido di allarme sul rischio che so­prattutto gli archivi privati fi­niscano per smagnetizzarsi, disperdersi, è non solo com­prensibile, realistico. E al­trettanto realistica la solleci­tazione che da più voci si le­va. Dai ricercatori, dagli stessi editori, e in parte da al­cuni dei gruppi di riproposta. Poiché, come scrive su altro versante Goffredo Fofi, se è vero che l’oblio, o la disme­rnoria, a volte possono aiuta­re a vivere e in fin dei conti accogliere il nuovo, è al con­tempo vero che il venire me­no della memoria può ridurre ilnuovo al movimento me­schino dell’impoverimento.

“Vedi”, racconta Roberto Raheli, musicista per passio­ne, per lungo tempo insieme a Luigi Chiriatti sulla scena e in casa editrice sotto il mar­chio Aramiré prima che i due si separassero, Chiriatti des­se vita a Kurumuny e Raheli proseguisse da solo l’avven­tura di Aramiré, “io di pro­fessione non sono un editore. Ho iniziato a fare questo lavo­ro proprio a causa della man­canza di un archivio e della possibilità di ascoltare le regi­strazioni originali”. Dal ‘98 ad oggi ovviamente i titoli della Casa editrice si sono intensifi­cati, sia lungo il versante delle pubblicazioni sonore, che su quello prettamente cartaceo. Mentre l’omonimo gruppo, guidato da Raheli, sul sito in­ternet; ma anche sull’ultimo cd, si permette una sorta di garbata e pungente ironia: “Nessun ragno è Stato maltrat­tato per la realizzazione di questo sito internet”.

Da “Bonasera a quista ca­sa”, curato da Chiriatti e Rahe­li, a “Canto d’amore”, “I pas­siuna tu Cristù”, il diario di Luigi Stifani “Io al santo ci credo” con cd annesso, “Il Salento di Giovanna Marini”, e dunque i volumi, in parte cor­redati da cd con registrazioni sul campo “I colori della terra – canti e racconti di un musicista popolare”, “Il ritmo meridia­no”, per arrivare ai recenti “Una memoria interrotta”, “La memoria che resta”, “Dietro la tammurriata nera”, la casa edi­trice non è stata ferma. “Quan­do faccio questi discorsi spes­so mi accusano di voler fare il purista”, dice Raheli, che negli ultimi anni dalle colonne dei quotidiani locali non ha man­cato di interloquire criticamen­te con alcune manifestazioni e alcune linee progettuali, “ep­pure non è così. Sin dall’inizio ho sempre pensato che la mu­sica del Salento potesse evol­versi e svilupparsi senza alcun problema e senza gridare allo scandalo. Ilpunto è che se que­sto sviluppo non parte dalle ra­dici, corriamo il rischio di perdere cose importanti anche so­lo dal punto di vista estetico musicale, senza volersi addentrare in discorsi teorici o ri­chiamarsi a obblighi di fedeltà alla tradizione. E’ ovvio che le cose cambiano. Ma proprio perché c’è questo interesse sulla musica del Salento è necessario che siano presenti, e anche documentate, le fonti. Mentre le istituzioni, Univer­sità in primis, sono totalmente assenti, l’Istituto Carpitella, nato con questo progetto, non l’ha mai perseguito, e tutto sommato le risorse destinate alla ricerca, agli archivi, alla documentazione, a un lavoro di ricognizione che dovrebbe proseguire, sono nulle o pochissime. Chi fa, spesso lo fa in modo estemporaneo, men­tre ci sarebbe bisogno di una progettualità organica, di un lavoro sistematico, coordinato da professionalità specifiche. Questa fortuna che il territorio sta conoscendo potrebbe rive­larsi effimera. Una moda che, come tutte le mode, poi passa. Il Salento è un corpo organico, storia, memoria, ambiente, ar­chitettura, che va pensato or­ganicamente, tutelato, valoriz­zato. Anche se qualcosa non è immediatamente remunerati­va. E’ un investimento sul futuro”.

 

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