Intervista a Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti
«I ragazzi della Locride meritano la stessa qualità di concerti di New York, Roma e Milano. Volevo che i concerti a Cosenza e Locri fossero uno spettacolo vero. È stato un Capodanno bellissimo. Non lo dimenticherò». Così Jovanotti ripensa ai due show nelle piazze calabresi, l’ultimo dell’anno a Cosenza davanti a 50 mila ragazzi, domenica a Locri davanti a diecimila spettatori: due appuntamenti voluti dalle amministrazioni pubbliche e dal cantante ma nati, anche, sulla spinta dei ragazzi di Locri scesi per strada contro mafia, ‘ndrangheta, malaffare e malcostume.
Sabato due ore di canzoni prima e molto dopo la mezzanotte nel capoluogo di provincia, domenica un altro lungo set nella cittadina dove, a ottobre, è stato assassinato Fortugno. Due serate all’aperto che hanno lasciato Lorenzo Cherubini senza voce, così questa l’intervista è stata fatta per posta elettronica.
Come hai vissuto questa esperienza calabrese e perché hai voluto farla?
L’ho vissuta in un crescendo di intensità. All’inizio era solo una lontana ipotesi difficile da realizzare, poi settimana dopo settimana le forze si sono unite, si sono trovati i fondi pubblici e gli entusiasmi istituzionali e quello che era un sogno (fare due grandi concerti in Calabria e in particolare uno a Locri) è diventato realtà. Quando se ne parlò fui subito molto contento, ho offerto totale disponibilità, l’unica cosa che ho preteso è che si trattasse di un vero concerto, una grande produzione. Ho preteso che chi avrebbe partecipato si trovasse di fronte ad un evento all’altezza di una situazione che oggi richiede il massimo dello sforzo. Doveva essere prima di tutto uno spettacolo che non rinunciasse a nulla di quello che serve per realizzare una grande festa rock. Non mi piace l’idea che alle cause «sociali» si riservino gli avanzi del mercato. I ragazzi della Locride meritano esattamente la stessa qualità dei ragazzi di Londra, New York, Roma, Tokio, Rio, Palermo, Milano, non so se mi spiego. È facile andare a Locri a fare presenza ottenendo qualche bell’articolo di giornale, ma senza lasciare un vero segno in chi ha partecipato. E un segno è fatto anche di watt, luci, supermusicisti.
I ragazzi di Locri chiedono che la cultura e lo spettacolo siano più presenti nel sud, avvertono la solitudine profonda del paese calabrese e della loro regione come un problema urgente nella loro battaglia contro la ‘ndrangheta.
Hanno ragione. Voglio raccontarvi un piccolo episodio successo alla fine del concerto di Locri. Prima di scendere dal palco ho ringraziato la Regione, il sindaco ecc. ecc. e ho chiuso ringraziando il pubblico dicendo più o meno: «E grazie a voi che avete pagato con i vostri soldi la realizzazione di questo concerto… con i vostri soldi… perché questo concerto, il palco, le luci, le casse, i tecnici, la band sono stati pagati con i soldi pubblici e i soldi pubblici sono soldi vostri… Quindi fatevi un applauso». Ebbene, ci sono stati secondi di uno strano silenzio imbarazzante, credo dovuto al fatto che tra quei 50.000 ragazzi solamente in pochi conoscono la cosa più semplice del mondo, ovvero che i soldi pubblici sono loro e di nessun altro e la decisione di come usare il denaro pubblico può essere influenzata, in un sistema democratico.
Organizzare concerti al sud è più difficile, ma questi due show sono episodici oppure intendi essere più presente?
Organizzare concerti al sud è più difficile perché, essendoci meno «mercato», c’è bisogno di maggior intervento pubblico, ma la politica della promozione della cultura oggi dovrebbe essere al centro delle scelte in una tra le terre più ricche di cultura nell’intero pianeta. La Calabria è il grande paradosso del paese: bellissima, una percentuale di giovani più alta rispetto al nord, eppure quella regione resta fuori da molti circuiti… I ragazzi calabresi si sentono spesso lontani e abbandonati, meritano molto di più. La lotta alla mafia passa dalla promozione della cultura, intesa anche come cultura popolare, eventi di respiro ampio, in cui riconoscersi parte di un pianeta vivo e in connessione. Io amo suonare e amo farlo ancora di più se ho la sensazione che la musica contribuisca a mettere in moto certe cose. La Calabria ha bisogno di buoni amministratori perché questi ragazzi oggi li vogliono. Allora questi buoni amministratori se ci sono si facciano riconoscere, si espongano, accettino il rischio di dare ascolto ad una intera generazione di calabresi che vogliono cambiare! Se il concerto di Cosenza e quello di Locri resteranno fatti isolati sarà una scofitta.
Nel tuo sito www.soleluna.com un ragazzo manifesta la paura che la loro protesta sbatta contro il classico muro di gomma e che tutto quello che loro fanno resti per aria, non influisca sulla politica.
È una paura che capisco, quel ragazzo è già fortunato a farsi venire in mente un dubbio del genere. Moltissimi, troppi suoi coetanei la politica la vivono ancora come un nemico e basta, non ci provano nemmeno a farsi delle domande. La risposta spetta alla politica. Se la situazione è questa non è responsabilità dei ragazzi, ma dei politici che evidentemenete hanno qualche ragione per non coinvolgere i giovani o per coinvolgerli male e poi i ragazzi lo sentono se li stai fregando e ti voltano le spalle.
Si dice che la cultura, le arti, la musica, possono frenare il malcostume, formare la coscienza civile. È sempre vero oppure vale quando l’artista, come dire?, si mette in gioco anche su temi che non siano solo cuore e amore?
Non è una questione di «cuore amore», io non la vedo così. Oggi è una questione di apertura al mondo, e si può fare anche con cuore amore, non c’è bisogno che una canzone parli di politica, anzi a volte quel tipo di canzone lascia fuori un sacco di gente e parla solo a chi è già d’accordo (brutta storia, rischio alto di masturbazione mentale). Provo a spiegare con un esempio: il lavoro fatto in Puglia con la musica tradizionale (la notte della taranta, il recupero della pizzica) sta dando oggi frutti molto buoni perché chi ha promosso questa storia lo ha fatto cercando «links» con altri mondi, aprendosi. È un’operazione fatta sulle radici ma allo scopo di alimentare l’intera pianta, di allungare i rami. E oggi la pianta è sempre una pianta «globale». Il rock, il pop, l’hip hop, la canzone d’autore sono i linguaggi di oggi e rappresentano un oceano alimentato da un numero così alto di fiumi e torrenti che è oramai impossibile farne una mappa. Cuore amore vanno benissimo quando sono uno di questi torrenti, anche piccolo, vanno malissimo quando sono uno stagno, anche se si trattasse di uno stagno grande come un mare. A Locri e a Cosenza la mia ritmica newyorkese-brasiliana-parigina-italiana si è unita agli strumenti tradizionali dei Quartaumentata in una tarantella/funk dall’identità multipla ma che ha fatto impazzire tutti.
Sei in tour da qualche mese. Che percezione hai degli umori di chi viene a sentirti? Avverti cambiamenti, speranze, differenze rispetto a prima?
È difficile rispondere, ma ci proverò. Avverto la necessità di alzare la posta in gioco. Abbiamo di fronte un tempo in cui alcune certezze che avevano precedenti generazioni non ci sono più: prima tra tutte quella di un posto di lavoro fisso. Questo oggi crea molto disorientamento ma anche qualcosa di positivo: il futuro è tornato ad essere uno spazio aperto. Sembra terribile dopo anni in cui in molti hanno lottato perché il futuro avesse delle sicurezze, ma dobbiamo sforzarci di leggere l’aspetto positivo e la portata rivoluzionaria di questa nuova fase della storia e ho l’impressione che molti ragazzi la stiano interpretando con un certo entusiasmo. Sono solo sensazioni, non sono un sociologo, e me ne guardo bene, sono uno che fa canzoni.
Il 14 gennaio a Roma ci sarà una manifestazione per i Pacs, mentre il governo sta mettendo in discussione leggi come quella sull’aborto. Cosa ne pensi?
Penso che siamo in campagna elettorale… Bisogna stare molto attenti. L’unica risposta a tutto questo è che la sinistra vinca le elezioni e dimostri che può fare bene al paese, renderlo più libero, più bello, con più partecipazione, più unito, più solidale, più ricco. Innamorarsi, progettare la vita insieme (anche senza sposarsi in senso tradizionale), volere dei figli, contribuire alla costruzione di un paese che li accolga come un dono: questi sono tutti segni di una società sana che crede nel futuro.
Cosa ti aspetti dalla musica nel 2006?
La musica del mio tempo è entusiasmante come lo era la musica degli anni sessanta nei sessanta e quella dei settanta ecc. Il bello è attraverso la rete ogni musica è una musica di oggi, anche quella dei sessanta e dei settanta ecc., è questa la novità. Il disco come oggetto ha finito la sua corsa, oggi la musica è ovunque, è una grande sfida per gli artisti. I mezzi di produzione musicale oggi sono a portata di ogni tasca, la lotta non è più nel riuscire a «fare» un disco, ma nel fare musica che abbia qualcosa da dire.
tratto da l’Unità
di Stefano Miliani
pubblicato il 03/01/2006