Dopo le affermazioni di Roberto Cotroneo che evidenziavano come la “Notte della Taranta” si sia ridotta ad un semplice evento mondano (ma forse è qualcosa di più, viste le cifre che girano attorno, passate dagli 8.000.000 di lire del 1998 ai 550.000,00 euro, ufficiali, per la gestione dell’edizione 2005), si è aperto un dibattito sull’inopportuna scelta svolgere in contemporanea l’evento che trova il suo apice a Melpignano (evento progressista, inventato e gestito dalle sinistre), e la festa del Santo Patrono di Lecce (evento al quale partecipa, più per dovere che per altro, l’Amministrazione comunale del Capoluogo, di destra).
La discussione verte su quale dei due “mega-eventi” ruberà più presenze all’altro: una vera e propria faida provinciale fra destra e sinistra che dovrebbe far sorridere e, pur tuttavia, ha un suo non so cosa di mortificante.
Sì, di mortificante, poiché per l’ennesima volta la cultura viene immolata nel nome e per conto di ben più consistenti interessi economici e politici.
Di fronte alla ormai storica indifferenza verso la cultura da parte di una certa destra, si pone una certa sinistra pronta a sfruttare appieno tutte le occasioni per promuovere processi (ambigui ed estremamente discutibili) in grado di creare una cultura politicizzata, tesa ad escludere chi non è amico (non dico chi non è d’accordo).
In tanti speravano che, oltre alle facce, con l’”avvento” del governatore-poeta Nichi Vendola, sarebbero cambiate anche certe logiche: la speranza è andata delusa.
Ma gli “intellettuali” non si preoccupano più di tanto e, ritenendo più conveniente stare al gioco (per paura?, per comodità?), osservano cosa accade affacciati alla finestra.
L’Università, che dovrebbe essere fucina di nuove intellettualità, è assente, salvo qualche dichiarazione ad effetto del rettore, i cui discorsi sono per lo più di carattere economico (la richiesta del 5 per mille da donare all’Ateneo salentino, magari da investire in nuove cattedre –e quindi in nuove baronie, giusto per allargare la cerchia dei “servi sciocchi”).
Devo quindi contraddire, seppure sommessamente, lo scrittore Roberto Cotroneo, quando afferma che la “salentinità” sta scomparendo.
La “salentinità”, quella più becera e provinciale, al contrario, sta dilagando sotto le mentite spoglie di una fastosa (ma miope) politica culturale che vede la “Notte della Taranta” come il più importante festival del mondo nell’ambito della musica tradizionale… talmente legato all’amore per la tradizione da poter competere (per demolire?) con… l’appuntamento più tradizionale del Salento: la “festa dei tre Santi” –evento impoverito dall’assenza di politiche culturali da parte dell’Amministrazione leccese.
La “salentinità” dilaga nel promuovere la Terra d’Otranto come terra incontaminata, pullulante di abili ballerini/e di pizzica (magari con l’anello al naso). È una visione romantica, peccato non rispecchi appieno la realtà dei giovani costretti, dai baroni e dai politici che coprono i baroni, a lasciare la propria terra per cercare lavoro altrove.
Se a tutto ciò s’aggiunge l’indifferenza, trasversale ed incolore (in quanto emanata da persone senza colore), dei politici, da sempre attenti più alla gestione dei fondi che alla cultura, facilmente ci si renderà conto di come la dilagante “salentinità” contemporanea rispecchi appieno un territorio che vorrebbe crescere, anche nel recupero e nel rispetto della propria identità, ma che deve fare i conti con politiche che preferiscono, ad una intellettualità vivace e varia, una intellettualità plasmabile, salottiera, con la puzza sotto il naso ma sempre rigorosamente ossequiosa nei confronti del potente di turno.
La taranta e sant’Oronzo
Vincenzo Santoro
28 agosto 2006 Nessun commento su La taranta e sant’Oronzo