Perché la Puglia non è solo pizzica e taranta…

omar-di-monopoliSarah/ “Un delitto che va oltre la fiction”

Il cantore del Salento noir Omar Di Monopoli: “Un delitto che va oltre la fiction, la realtà supera qualsiasi tipo di racconto immaginato. Il dramma porta alla ribalta i paesi umili e dimenticati come Avetrana: realtà di confine che vivono nell’oblio. Perché la Puglia non è solo pizzica e taranta…”

 

di Maria Carla Rota

da www.affaritaliani.it del 20 ottobre 2010

 

Lo scrittore Omar Di Monopoli, classe 1971, è il cantore del Salento noir, inventore del western pugliese e autore della trilogia Uomini e cani (Premio Kihlgren ’07), Ferro e fuoco e La legge di Fonzi (edita da Isbn). Vive a Manduria, pochi chilometri da Avetrana, ed è abituato a “una Puglia che non è solo quella ‘da cartolina’, tutta ‘pizzica e taranta’, che le agenzie turistiche vanno vendendo da anni. Io racconto il lato oscuro della mia regione…”.

 

Ma questa volta la realtà del delitto di Sarah Scazzi sembra andare oltre la fiction…

“Questo è un caso in cui il classico luogo comune della realtà che supera la fantasia si avvera. Nel mio libro “Uomini e Cani” uno dei personaggi si nasconde in un tunnel sotterraneo sotto una masseria abbandonata, come quella in cui Misseri ha nascosto il corpo della povera Sarah. Quello che io avevo immaginato come possibile nascondiglio è stato visto con facilità anche da un contadino semi-analfabeta”.

 

Come la Puglia sta vivendo l’omicidio?

“C’è una sensazione di profondo sgomento. Perché oltre all’orrore insito nella storia, che la accomuna ad altri delitti come quello di Cogne o di Erba, qui c’è la vicinanza geografica, che scombussola parecchio. Io sono stato spesso attaccato per una visione violenta e cruenta della Puglia, ma tutto questo supera qualsiasi tipo di racconto immaginato. Quello che resta è l’impatto mediatico”.

 

La televisione sembra quasi appropriarsi della realtà…

“Direi che non c’è più la tv-verità, ma la verità della tv. Si rincorrono teorie, si susseguono colpi di scena, che sembrano veri solo se accadono in televisione. E la gente è sospinta a far parte di questo grande melodramma mediatico. Ho visto miei concittadini spingere per entrare nell’inquadratura delle telecamere, quasi non esistessero se non riuscivano ad andare in video. Io vivo a Manduria e conosco Avetrana molto bene. Ho frequentato questo paese per anni, passavo spesso nella strada dove è sparita Sarah, conoscevo di vista la famiglia Misseri. Ma me ne tengo alla larga, come chiunque non voglia entrare in questo teatrino, che fa paura”.

 

In che senso?

“Da autoctono vedo rincorrersi questi giornalisti ‘santoni dell’anima’ che scansionano la vita della gente senza aver mai vissuto qui. E’ tutto un grande gioco artificiale nel quale la verità è lontanissima. Non sto mettendo in discussione il fatto che i mass media se ne occupino, ma il modo in cui lo fanno. La tv è colpevole, ma non è l’unica responsabile. Infatti, di ‘turismo dell’orrore’ si parlava già nel secolo scorso. Nel 1932 negli Stati Uniti il figlio di Lindbergh fu rapito e già allora si ebbe il pellegrinaggio dell’orrore”.

 

Che paese è Avetrana?

“Una realtà umile e invisibile. Io dicevo, soprattutto quando ancora non si sapeva della morte di Sarah, che la sua scomparsa era stata preceduta in qualche maniera dalla scomparsa di un’intera fetta di popolazione meridionale, che è quella che si riconosce in paesini come Avetrana. La Puglia vive una contraddizione enorme da un decennio a questa parte: gli uffici turistici sono stati bravissimi a vendere questo luogo come una sorta di Sud bonificato… il Salento, la pizzica, la cultura. Però esistono realtà di confine, come Avetrana e migliaia di piccoli paesi, che hanno continuato a vivere nell’oblio. Erano vent’anni che non si sentiva parlare di Avetrana, da quando negli Anni Ottanta fu protagonista di una grande battaglia sul nucleare. C’è una serie sterminata di piccole realtà pugliesi scomparse, e non è possibile che tornino alla ribalta solo per l’orrore. Una condizione che deve farci pensare”.

 

I Misseri che famiglia sono?

Premetto che il delitto conferma innanzitutto il dato statistico secondo cui questi omicidi avvengono in famiglia, a prescindere dalla vicinanza geografica. Fin dalle prime interviste dei Misseri avevamo avuto il sentore che fosse una questione di info negate, che fossero una famiglia inaffettiva. Emerge un analfabetismo affettivo tra familiari, che è un problema più complesso e generale che va al di là di Avetrana, è il problema di questi tempi. Ora aspettiamo gli sviluppi: ho idea che essendo in mano agli avvocati, alla ricerca di uno sconto della pena, le cose tenderanno a diventare più fumose.

 

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