Quannu ‘u diavulu te ‘nkarizza… l’anima ne vole

Kalàscima
Quannu ‘u diavulu te ‘nkarizza… l’anima ne vole
Autoproduzione 2003 – con il patrocinio del comune di Alessano
di Vincenzo Santoro
da www.pizzicata.it
29 novembre 2003

“Dedichiamo questa musica contaminata ai popoli oppressi, alle voci azzittite, ai silenzi imposti, a quanti sono costretti a subire la propria vita piuttosto che essere lasciati liberi di viverla”.
Questo è l’impegnativo incipit, tratto da un concerto dal vivo, del cd Quannu ‘u diavulu te ‘nkarizza… l’anima ne vole, dei Kalàscima, gruppo giovanissimo – età media 18 anni circa – proveniente dall’estremità meridionale del Salento, il Capo di Leuca.
Il lavoro in questione all’ascolto si presenta quantomai spiazzante. Da un gruppo nato dal movimento “pizzicofilo” di questi ultimi anni, e formatosi su una intensa attività dal vivo nelle mille feste dell’estate salentina, ci si aspetterebbe, per un cd d’esordio, la solita sequela di imperdibili hit della “tradizione” – o presunta tale. Di cose del genere, purtroppo, se ne ascoltano a decine.
Invece il cd, nonostante qualche ingenuità di troppo, riesce a sorprendere positivamente, soprattutto per la varietà estrema delle idee musicali – e non solo – che vi confluiscono, fino a dare forma a un composito caleidoscopio pieno zeppo di sonorità eccentriche, che vengono rielaborate con grande libertà compositiva.
La tradizione musicale del sud d’Italia è rappresentata da tre brani: l’antica Ottava siciliana, preceduta da un intro strumentale che addirittura riprende una delle “tarantelle” riportate dall’erudito gesuita Athanasius Kircher nel seicento; una Tarantella del Gargano nella versione della Nuova Compagnia di Canto Popolare (che, attenzione, è completamente diversa dagli originali, e non è certamente un “tradizionale”, come riportato sul cd); il super super classico Lu rusciu de lu mare, che a mio avviso è il punto debole del cd, eseguito in maniera scontata, soprattutto nella estenuante seconda parte “a pizzica”.
In altri brani le melodie e i ritmi tipici del Salento e più in generale meridionali si incrociano con la musica balcanica (in Unza unza oppa, uno dei pezzi più sorprendenti della raccolta), con quella greca e con quella irlandese, creando una esotica e suggestiva alchimia sonora.
Una citazione a parte merita El imperio, libero arrangiamento di una poesia del poeta sud-americano Samuel Carbajal, in cui viene esplicitata una radicale denuncia dell’imperialismo – purtroppo di grande attualità, visti i disastri che il civile “occidente” sta combinando in Afghanistan e in Iraq – testimonianza della “tensione sociale” dei Kalàscima, che nei loro concerti propongono anche una bella canzone sulla vicenda dell’occupazione del feudo dell’Arneo da parte dei contadini salentini nell’immediato dopoguerra, pagina epica e gloriosa di una lunga storia di lotte per la democrazia e i diritti sociali. L’attenzione ai temi sociali è molto rara nei gruppi salentini, più interessati forse alle tarante ballerine e alle “magìe” della pizzica che alla propria storia, e trovare un gruppo così giovane in netta controtendenza fa molto piacere.
A questa tradizione “di protesta” fa riferimento anche Brigante, brano d’autore, composto da Eugenio Bennato negli anni settanta, ormai talmente riutilizzato da essere diventato quasi “tradizionale” (così lo considerano anche i Kalàscima: più attenzione alla “filologia delle fonti” non farebbe male), che racconta delle lotte dei briganti meridionali contro i piemontesi, visti come feroci colonizzatori. Recentemente questa canzone è stata ripresa a Scanzano Ionico dai lucani che protestavano contro la scellerata decisione del governo di creare proprio in quelle terre un enorme sito per lo stoccaggio della spazzatura nucleare, con l’aggiunta della strofa “Simme briganti e facimme paura/a terra è nostra e nun s’ha da tuccà//Non ce ne fotte d’u Berluscone/è o nucleare c’avimm ‘a caccià“.
Infine vorrei segnalare – altro aspetto di estremo interesse di questo singolare cd – la presenza “tradizionale” di Oronzo Bisanti, un anziano “cantore” di Alessano che si esibisce “solo voce” – e che voce! – ne Le tre sorelle, uno dei canti “narrativi” più diffusi nel Salento (e non solo) e in coda al disco in un brano appartenente al repertorio “canzonettistico”.
Certamente un esperimento come questo dei Kalàscima, dichiaratamente di “contaminazione”, non rappresenta una novità (anzi la maggior parte del mercato – nazionale e internazionale – di musica etnica è rappresentato da prodotti simili), ma una certa consapevolezza delle “radici” musicali, che parte anche da un lavoro di ricerca, il gusto e la sobrietà degli arrangiamenti e la “sincerità” delle interpretazioni consentono al gruppo di non scadere mai nella word-music più deteriore. E di questi tempi non è poco.

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