di Renato De Capua
Nuovo Quotidiano di Puglia
6 settembre 2024
Quando un libro vede la luce, si auspica possa avere un lungo cammino, scandito dall’attraversamento degli anni, le riedizioni, l’interazione scambievole con i lettori. Alcuni libri possono avere un nuovo destino, grazie al potere della traduzione: altre parole e suoni diversi cercano di ricreare un mondo e un equilibrio preesistenti, generando un incontro inedito fra culture, che sfida la distanza geografica. È quanto sta accadendo al libro di Vincenzo Santoro, “Il tarantismo mediterraneo. Una cartografia culturale” (Itinerarti Edizioni, 2021), recentemente tradotto in spagnolo da Manuela Adamo per la collana “Historia global” della Institución Fernando el Católico di Saragozza. L’approccio proposto dall’autore, che da anni si occupa di analizzare le modalità e le forme del tarantismo, nelle vesti di appassionato e rigoroso studioso, è innovativo, in quanto prova a “eludere uno sguardo eccessivamente concentrato sulle specifiche dinamiche sud-salentine”, contestualizzando il tarantismo sullo scenario di una cartografia culturale mediterranea da lui stesso tracciata. Infatti, tracce di varianti più o meno significative possono essere riscontrate anche in Sardegna, Campania, Spagna e altre regioni del Mediterraneo. Alla loro base, “un unico nucleo di credenze e pratiche terapeutiche, un ceppo omogeneo di tradizioni, probabilmente molto antico”; così il mare diviene “elemento di connessione e propagazione di culture”. Partendo proprio da Taranto, “capitale del tarantismo”, lo studio di Santoro si spinge ben oltre il capoluogo pugliese. Tra le novità più significative, la documentazione riguardo alla diffusione del tarantismo in Spagna, dove la presenza di una ricca letteratura storica, dà contezza di una sopravvivenza piuttosto lunga del rito terapeutico-catartico. Condividendo significative analogie con il tarantismo sardo, individuate dalla studiosa Clara Gallini, quello spagnolo inizia a diffondersi in maniera consistente a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, in particolare, nelle zone della Spagna centrale e della Mancia; e poi ancora in Andalusia, nell’Estremadura, in Catalogna e nei pressi di Madrid. Tra il tarantismo pugliese e quello spagnolo, la presenza di affinità e divergenze: in entrambe le forme, però, la cura viene individuata nella musica. Nel 1974 il documentario-inchiesta “La tarantula” di Carlos Serrano, realizzato per la televisione spagnola, presentava il fenomeno con notevoli affinità rispetto a quello pugliese. In risalto, due fattori discriminanti: l’attacco prevalente del ragno nei riguardi degli uomini e la mancata correlazione con elementi di culto religiosi, fortemente marcata in Puglia. Questi e altri elementi emergeranno nella presentazione dell’edizione spagnola del libro, prevista per oggi alle ore 19, presso la “Biblioteca Bernardini” di Lecce. L’autore, Vincenzo Santoro, dialoga con Pier Giorgio Giacchè (antropologo e scrittore), Carlos Forcadell Alvarez (Università di Saragozza), Manuela Adamo (traduttrice del volume), Antonio Santoro (editore) e Viviana Matrangola (assessore alla Cultura della Regione Puglia). Così, un libro crea un filo diretto tra il Sud Italia e la Spagna, attraverso la navigazione del Mediterraneo, culla della nostra civiltà.