Il sogno di cambiare la Barbagia con la cultura si è infranto

di Davide Maddedu
da l’Unità di sabato 29 dicembre 2008

muralesorgosoloIl sogno di cambiare la Barbagia con la cultura si è infranto. Peppino Marotto aveva 82 anni ed era considerato una sorta di “voce della rivoluzione culturale”. È stato ucciso con sei colpi di pistola sulla porta dell´edicola di Corso Garibaldi, nella sua Orgosolo, prima che comprasse il suo solito pacco di giornali. Marotto in Sardegna era considerato una sorta di “istituzione” per il suo impegno politico, sindacale e culturale. Attività al servizio degli altri che continuava nonostante la pensione e la sua età avanzata. Come ogni mattina stava entrando nell´edicola di Orgosolo, il paese finito alla ribalta per gli episodi di cronaca nera e per i suoi murales che rivendicavano la voglia di riscatto.
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Peppino Marotto aveva iniziato sin da giovane a impegnarsi in politica, nel Partito Comunista e nel sindacato con la Cgil. Convinto che con la cultura si potessero «cambiare le cose» aveva sostenuto, sin dagli anni 70 i gruppi di muralisti di Orgosolo. I giovani pittori di strada che hanno colorato le vie del piccolo centro della Barbagia, anticipando anche i tempi sui temi importanti come la «prevenzione piuttosto che la repressione», divorzio, aborto, pastorizia e cultura. E negli anni che seguirono il suo impegno non è certo mancato alle altre “lotte”. Dalla rivolta dei pastori di Pratobello, alle proteste per il lavoro degli operai di Ottana, continuando con i minatori del Sulcis. Si batteva, come ricordano i dirigenti sindacali, «per cambiare la Barbagia e il suo paese» perché, sosteneva «la Barbagia ha anche un´altra faccia».
Una lotta che non si è fermata alla sola attività sindacale, ma si è estesa anche a quella culturale e musicale cui Marotto ha dedicato soprattutto gli ultimi trent´anni della sua vita. Non è certo un caso che Marotto la sua voglia di riscatto e di rivoluzione l´abbia raccontata con le numerose canzoni in sardo. Poesie che hanno fatto letteralmente “il giro del mondo”, soprattutto seguendo il filone della musica tradizionale e culturale e dove la voglia di riscatto dei pastori si unisce alla lotta di Antonio Gramsci, all´idea di rivoluzione che passa per la cultura e il riscatto dei popoli.
Il popolo sardo «fatto di gente che studia e lavora», che rispetta le regole. Una Sardegna diversa da quella dei luoghi comuni fatti di banditi e sequestratori (soprattutto negli anni ´70 e ´80) o di pastori, ma una Sardegna fatta «di cultura, di intellettuali e di gente che lavora duramente». Tanto in fabbrica quanto in miniera. Eppoi, alla fine, l´impegno anche contro la guerra: il poeta ha anche dedicato un canto alla Brigata Sassari al ritorno dalla Grande Guerra: con «Sa brigada sassaresa» ha narrato la presa di coscienza dei Sassarini, al ritorno dalla I guerra mondiale e prima dell’avvento del fascismo.
Una volta andato in pensione non ha smesso di collaborare quotidianamente con la sede di Orgosolo del sindacato pensionati. Fra le sue opere più importanti “Su pianeta ‘e Supramonte” (1996), “Testimonianze poetiche in onore di Emilio Lussu”, (1983), “Cantones Politicas Sardas”, (1978). La sua ultima apparizione pubblica risale allo scorso aprile quando ha partecipato a una serie di convegni sulla figura di Gramsci e ha stupito il pubblico intonando un canto sull’intellettuale comunista. Erano i sogni di quello che continuava a definirsi un comunista. Sogni distrutti, dopo 82 anni di battaglie in prima fila, da sei colpi di pistola.

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