di Vincenzo Santoro
Negli ultimi anni la Puglia è stata lo scenario dell’esplosione di un vero e proprio “movimento” di recupero e riproposta della musica di tradizione. Diciamo la Puglia, ma in realtà dovremmo parlare delle sue “estremità”, il Gargano e il Salento, due sub-regioni molto distanti per storia, lingua e caratteristiche morfologiche, ma accomunate dall’avere conservato uno straordinario patrimonio di “musiche di tradizione orale”. Questi repertori musicali, usciti progressivamente dall’uso negli ultimi decenni, per effetto dei cambiamenti sociali ed economici che hanno riguardato le due aree, hanno però conservato una vitalità tale da poter essere pienamente recuperati dalla giovani generazioni, seppur in contesti e con modalità profondamente differenti da quelli originari.
A favorire il “passaggio di testimone” alle generazioni più giovani hanno contribuito due figure di anziani artisti popolari di talento assoluto, Andrea Sacco di Carpino (Foggia) e Uccio Aloisi di Cutrofiano (Lecce), gli ultimi due “patriarchi” della musica tradizionale pugliese.
Andrea Sacco, classe 1911, recentemente scomparso all’età di 94 anni, cantore e suonatore di “chitarra battente”, è stato uno dei più grandi interpreti delle caratteristiche tarantelle del Gargano. Per la sua particolare maestria, la sua musica è stata negli anni oggetto di studio per una moltitudine di etnomusicologi e di appassionati, a partire dall’incontro nel 1954 con la bizzarra coppia di studiosi, l’americano Alan Lomax e Diego Carpitella, che in quegli anni stavano girando la Penisola in lungo e in largo per documentare l’immenso patrimonio delle musiche di tradizione italiane. In seguito le sue esecuzioni musicali hanno lasciato tracce molto influenti nella musica popolare; in particolare, della sua montanara più famosa, Accommë j’eia fa’ p’ama’ ‘sta donnë, conosciuta impropriamente con il titolo Tarantella del Gargano, si contano decine di versioni dei gruppi di riproposta, a partire da quella, dei primi anni Settanta, della Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone.
Uccio Aloisi, classe 1928, contadino, coltivatore di tabacco e cavatore d’argilla, è invece il patriarca della musica salentina. Dotato di una vocalità potente e raffinata, grande virtuoso del “tamburo a cornice”, con cui accompagna l’esecuzione di travolgenti pizziche-pizziche, Uccio è anche un “animale da palcoscenico”, capace, come e meglio di una consumata rockstar, di affrontare senza esitazioni – anche oggi, che è quasi arrivato a 80 anni! – le folle oceaniche dei grandi raduni di massa delle estati musicali salentine. «Uccio Aloisi – ci ricorda Alessandro Portelli – ha avuto una vita lunga, intensa e non facile, ed è diventato una figura di culto in tarda età per un pubblico di ragazzi. È stata la riscoperta della pizzica, con quel tanto di moda che ci si è accompagnata, a portarlo alla ribalta – e giustamente, non solo perché è un grande artista e una voce straordinaria […], ma perché dentro questa voce c’è la grana e la storia di un mondo del quale la pizzica è solo una delle espressioni, non necessariamente la più significativa».
Le figure di questi due grandi personaggi ci vengono restituite nella loro complessità, anche al di là di un interesse puramente consumistico per la loro musica, da due libri pubblicati da Aramirè, una piccola casa editrice leccese: Andrea Sacco suona e canta. Storie di un suonatore e cantatore di Carpino, di Enrico Noviello, pag. 128, 2005, e I colori della terra. Canti e racconti di un musicista popolare, a cura di Roberto Raheli, Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, pag. 148, 2004. In queste pubblicazioni, corredate entrambe da due CD audio, Sacco e Aloisi raccontano del loro rapporto profondo e passionale con la musica, ma anche della lotta quotidiana per affrancarsi dalle condizioni di povertà comuni ai contadini del Sud della loro generazione. Ne emerge così uno spaccato di un mondo orale e contadino che sta scomparendo, e dal quale tutti noi proveniamo.