di Vincenzo Santoro
Una delle feste più interessanti e più caratteristiche del nostro Paese è certamente quella che si svolge ogni anno a Cocullo, piccolo Comune dell’Abruzzo, nel primo giovedì di maggio, in onore di san Domenico, santo medievale, a cui la tradizione popolare riconosce, tra gli altri, il “patronato” sugli effetti delle morsicature dei serpenti.
E propri a questi rettili, su cui da sempre si accumulano paure ancestrali, è dedicata la festa. Fin dalle prime luci dell’alba, arrivano in paese gruppi di pellegrini, provenienti dalle regioni dove il culto di san Domenico è più profondo (Lazio, Campania e Molise). Avanzando verso la chiesa dedicata al Santo, cantano antichi motivi devozionali, in particolare il “canto di entrata in chiesa” e il “canto di partenza”, eseguito camminando a ritroso.
Nella piazza principale del paese si radunano i “serpari”, i quali, in attesa della processione, esibiscono i vari tipi di serpi che sono riusciti a catturare (dei tipi Cervone, Saettone, Biscia dal collare e Biacco). A mezzogiorno poi comincia la grande processione, dove la statua del Santo, ricoperta di serpenti, viene portata a braccio da quattro persone per le vie del paese.
La festa di San Domenico a Cocullo rappresenta una delle ultime testimonianze ancora vive di antiche ritualità, che rimandano a rapporti magici con i serpenti, e che un tempo erano diffuse in molte altre località d’Europa e del Mediterraneo: per fare solo degli esempi, a Santiago di Compostela, in Spagna, uno dei maggiori centri di pellegrinaggio della Cristianità, si maneggiavano i serpenti; sull’isola di Cefalonia, a Marcopulos, nel giorno dell’Assunzione della Beata Vergine, il 15 agosto, le serpi entravano in chiesa; le vergini greche salivano sull’Eretteo, sull’Acropoli, e nutrivano le serpi sacre con il latte.