di Vincenzo Santoro
da Anci rivista, novembre 2009
“Curarsi e vivere felici con il peperoncino”: è questo il motto dell’Accademia Italiana del Peperoncino, giunta ormai a settemila soci – tra cui illustri studiosi – che, anche quest’anno, ha messo in scena il consueto Festival, giunto ormai alla XVII edizione.
A Diamante, graziosa località della provincia cosentina, ogni anno, di solito a metà settembre, si svolgono cinque giornate in onore del peperoncino: convegni, tavole rotonde, mostre, cortometraggi, cabaret, spettacoli di strada, musica e menù afrodisiaci. Lo scopo è, infatti, far conoscere il prezioso “capsicum annuum”, la sua storia, le sue qualità, e tutte le sue possibili utilizzazioni, in particolare nella gastronomia, nella cosmesi, nella farmacologia e nella medicina. Un vero evento in salsa piccante!
Oltre alle note applicazioni in campo gastronomico, il peperoncino ha anche rilevanti qualità mediche, ed è spesso impiegato come revulsivo per facilitare reflussi di sangue. Polverizzato, dà il pepe rosso o paprica e, da sempre, è utilizzato in modo empirico dai contadini calabresi per curare mal di stomaco e altre affezioni. Oggi diversi scienziati ne stanno studiando nuove potenzialità curative, in particolare per prevenire il cancro e l’infarto.
Il “capsicum” ha una antica storia nell’alimentazione e nella medicina dell’America precolombiana, almeno a partire dal Messico di 9.000 anni fa. In Europa arriva alla fine del XV secolo, al seguito dei viaggi di Colombo.
A partire dalla rocambolesca “importazione” colombiana, la preziosa “spezia” si diffonde rapidamente in Asia, in Europa Centrale, in Estremo Oriente e nel Mediterraneo. La sua fortuna è dovuta al fatto che si produce con estrema facilità e in qualunque condizione, differenziandosi in varietà caratterizzate da diverse gradazioni di piccantezza. Ha contribuito ad arricchire e rendere appetitosa la cucina dei ceti popolari, dando origine ad una infinità di ricette.
L’affascinante vicenda di questa spezia così amata e diffusa, tanto da essere elevata a simbolo di un’identità più figurata che reale, è ricostruita nel “gustoso” volume dell’antropologo Vito Teti, Storia del peperoncino. Un protagonista delle culture mediterranee (Donzelli), che si sofferma in particolare sulla diffusione e sull’uso nel nostro Mezzogiorno e in Calabria, dove il peperoncino entra, in quantità talora anche eccessive, in moltissime preparazioni. Dalle lontane origini americane il peperoncino non solo si è perfettamente integrato nel nostro Sud, ma è diventato perfino l’emblema della cucina “locale”. A dimostrazione di questo processo, il libro contiene anche un prezioso capitolo che descrive 85 ricette – in cui il peperoncino è utilizzato veramente per una infinità di preparazioni, dai condimenti fina ai dolci e ai liquori – tratte dalla letteratura “storica”, dalla tradizione popolare (calabrese ma anche delle locali minoranze albanofone e greche), e dai menù di alcuni trattorie e ristoranti “di qualità”, che vengono opportunamente segnalati nelle loro “specializzazioni”.