di Michele Fumagallo
da Alias, inserto culturale del manifesto, 13 febbraio 2009
Da anni, in agosto, si rinnova l’appuntamento a Melpignano in Puglia, con la taranta che culmina con la ormai famosa «Notte». Anni che hanno portato la riscoperta e il revival dei ritmi della pizzica, iniziati tempo prima, all’esplosione che abbiamo visto tutti per questa musica. E quindi non può che venire a puntino questo libro di Vincenzo Santoro che, con il titolo de Il ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina (libro + cd, Squilibri editore, euro 18) ripercorre tutte le tappe della riscoperta di una delle musiche più ricche e coinvolgenti del nostro Sud. Dalle pionieristiche esperienze dei Settanta del secolo scorso fino agli ultimi anni segnati persino da una burocratizzazione della riscoperta stessa (quindi bisognosa di essere criticata in quanto tale da altri e diversi pionieri), la ricerca di Santoro affronta il viaggio dentro questa musica così corporea, cercando il segreto di un successo davvero sorprendente, se si pensa alla esposizione mediatica degli ultimi tempi. Un successo inimmaginabile se si torna indietro nel tempo all’originario «mucchio selvaggio» di musicisti e personaggi locali persino eccentrici, magari coadiuvati da qualche personalità esterna, che, poco meno di quarant’anni fa, ebbero l’intuizione del valore di questo fenomeno musicale e antropologico e dettero vita a quello che è stato chiamato in seguito «rinascimento della pizzica». Il merito del libro di Santoro non sta soltanto nella ricca documentazione storica (e antropologica) del passaggio del fenomeno dal letargo locale (spesso prigioniero di gruppi che tendevano all’edulcorazione dei testi) al successo internazionale, ma è la sua capacità di non chiudere gli occhi sulla degenerazione che a volte ha preso molti interessati riscopritori. E giova ricordare, altro merito del libro, che la riscoperta di tante cose del nostro Sud (non solo la musica, ma i prodotti tipici) è stata opera dal basso, le istituzioni sono giunte in ritardo a porvi un cappello, spesso più dannoso che proficuo. È curioso che molti, anche in ambienti progressisti, dimentichino questo aspetto decisivo del problema. «Nessun simbolo combina natura, folklore e povertà come la taranta, icona del revival salentino» ricorda Sandro Portelli nella bella introduzione al volume. E in un racconto che si fa spesso leggenda (in senso buono) ritornano i personaggi che hanno fatto la storia di questa vicenda: da Rina Durante a Giovanna Marini, da Eugenio Barba a Edoardo Winspeare, dal Canzoniere Grecanico Salentino all’Officina Zoè, da Eugenio Bennato a Georges Lapassade, dal Canzoniere di Terra d’Otranto agli Aramirè. E la capacità di molti musicisti (non tutti, è sempre più urgente scegliere) è stata quella di misurarsi col mondo contemporaneo senza nulla togliere alla ricchezza della tradizione. Nel cd allegato al volume, che scorre come una colonna sonora del libro, ci sono molti pezzi inediti che comprendono le registrazioni del Nuovo Canzoniere del Salento, della Marini, degli Aramirè, e tanti altri. Con la chicca di Luna Otrantina appositamente realizzata dal gruppo delle «Donne Belle» sul testo originario di Rina Durante, giornalista, ma soprattutto esponente scomparsa della cultura salentina e pioniera di queste riscoperte.