di Vincenzo Santoro
da Anci Rivista, novembre 2010
A Orsara di Puglia – paesino di circa 3.000 abitanti arroccato sui Monti Dauni, al confine tra Puglia e Campania – nella notte di Ognissanti si celebra una festa antichissima, “la notte dei falò e delle teste del Purgatorio” (in dialetto “fuca coste e cocce priatorije”). Una festa che presenta delle apparenti similitudini con “Halloween”, ma che in realtà con la commerciale e globalizzata festa statunitense ha poco a che fare, a partire dal fatto che si svolge nella notte del primo novembre (invece del 31 ottobre). L’evento che si celebra a Orsara di Puglia è ancora profondamente legato al culto dei defunti e rifugge decisamente dal “rito” consumistico. Niente streghe, dunque, niente maschere e figure grottesche, niente “dolcetto o scherzetto”. Piuttosto la conservazione del primordiale senso della festa di tutti i Santi, quella istituita il 13 maggio del 609 da Papa Bonifacio VIII quando la Chiesa sovrappose la sua “interpretazione” a una pratica di origine pagana.
La tradizione vuole che le anime del Purgatorio possano purificarsi attraverso il fuoco e trovare la via del Paradiso, che viene indicata loro dai lumi nascosti dentro le zucche. È la festa della luce, dunque, non quella delle tenebre (come invece è per Halloween).
Il rito nella comunità comincia pochi giorni prima dell’evento, con le famiglie che cercano di accaparrarsi le zucche migliori per i propri bambini. Saranno i più piccoli, con l’aiuto di nonni e genitori, a intagliare queste zucche arancioni per dargli fattezze “umane” e adeguarle a ospitare un lume al loro interno. Per completare l’allestimento, occorre accatastare per tempo tutto il legname necessario a preparare un grande falò che possa competere con quello delle famiglie del vicinato. Per tutta la notte i fuochi ardono numerosi, caldi, luminosi, a creare un’atmosfera di magico incanto e comunione. Vicino alle abitazioni si appendono le zucche antropomorfe con una candela accesa all’interno e le vecchiette, prima di andare a letto, prendono dal falò un po’ di brace e la portano in casa, deponendola nel camino o in un braciere. In onore dei defunti, che nell’antica credenza dovrebbero attraversare il paese in processione dopo la mezzanotte, si consumano i cibi della tradizione, poveri ma ricchi di significati simbolici: il grano lessato e condito col mosto cotto, le patate, le cipolle, le uova e le castagne cotte sotto la brace. E poi non bisogna dimenticare vino, carne, pane, patate e dolci tipici, pietanze che saranno consumate quando, nelle stradine del borgo medievale, si terrà un banchetto a base di questi piatti gustosi e in tutto il paese saranno esposte centinaia di zucche lavorate in modo creativo e illuminate al loro interno. Si mangia per strada, in una grande comunione collettiva che riempie il borgo di voci, risate, musica e allegria.
Orsara così, almeno per una notte, si trasforma, acquisendo le caratteristiche di un luogo magico.