Un volume con cd per una “contro storia” in musica dell’Unità d’Italia
A quarant’anni dalla prima edizione, ritorna in allegato al volume omonimo l’opera più ambiziosa di Otello Profazio che, con brani ispirati ai repertori popolari e composizioni originali anche su testi di Ignazio Buttitta, ripercorre le vicende risorgimentali secondo gli stati d’animo e i sentimenti delle genti meridionali.
Nella sterminata discografia dell’ultimo dei cantastorie, L’Italia cantata dal Sud è in effetti il lavoro in cui maggiormente risalta la sua capacità di aderire ai sentimenti più profondi della tradizione, svelandone i significati reconditi che raramente trovano spazio nei libri di storia. Da ingegnosi collage di canti e, ancor più, dallo scambio continuo di diversi registri espressivi emerge un sommerso di emozioni e tensioni che illumina di una luce nuova anche le vicende storiche prese in considerazione. L’intonazione epica di un canto è interrotta da inaspettati squarci di ironia che ne sospendono il significato celebrativo o consolatorio per lasciare emergere il disincanto estremo di chi ha alimentato qualche speranza di cambiamento soltanto come momentanea fuga dalle brutture di un presente comunque intollerabile. A definitivo congedo da ogni speranza di cambiamento, nella conclusione di Giuseppe Emanuele, l’ultimo dei brani dedicati all’epopea garibaldina, i nomi di Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele sono variamente storpiati e combinati fino a confondersi, quasi che le sembianze dell’uno andassero scolorendo nel ritratto dell’altro per rivelare la faccia sempre eguale di un potere distante ed oppressivo.
L’intento di Profazio era del resto molto ambizioso: delineare un ritratto psicologico, prima ancora che storico, di un popolo in cui risaltassero le istanze fondamentali e le tendenze di fondo di un sempiterno spirito meridionale, costretto in un mondo senza possibilità di riscatto, rappresentato, con Buttitta, nella metafora dolentissima di un paesino dove “non ci sta oggi/ non c’è domani” e dove si può attendere solo che un giorno Cristo scenda dalla croce.
Quasi a delimitare il cerchio magico in cui il meridione è imprigionato da sempre, L’Italia cantata dal sud si apre e chiude così con lo stesso stornello, Fatto strano, che esprime lo stupore di un siciliano nel sentirsi italiano, continuando ad abitare un mondo rimasto eguale a quello che era prima dell’arrivo di Garibaldi. E all’interno di questa struttura circolare ricadono anche le vicende storiche ripercorse nella prima parte del disco, quasi a significare la loro impotenza a scalfire le ragioni profonde dell’incredulità di quel siciliano che, con esiti ancora ineguagliati, si passano in rassegna nella seconda parte del disco, dall’emigrazione alla mafia, considerati in quadri che ne esaltano drammaticamente la perdurante attualità.
Tra ironia ed epica, si delinea così una dolente “controstoria” dell’Unità d’Italia che, con la rappresentazione di un Meridione precipitato in un’immobilità quasi metafisica, sopravanza le ricorrenti quanto strumentali rivisitazioni delle vicende risorgimentali.
Con la presentazione originaria di Carlo Levi, scritti di Domenico Ferraro e Giancarlo Governi, un apparato d’immagini tratto da un popolare periodico di fine ‘800 e nel CD, in aggiunta a L’Italia cantata dal Sud, un brano del 1967, Parlamento, parlamento, e una versione di Guvernu ‘talianu con Daniele Sepe e l’Art Ensemble of Soccavo.
Info: 06-44340148, info@squilibri.it; www.squilibri.it
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