I militi ignoti dell’amianto

di Mario Desiati

da Il Fatto Quotidiano del 22 febbraio 2012

(…) L’Italia è una mappa di lotte e vicende private che rimangono sotto silenzio. Di processi disperati e sentenze, ahimè, inseseguite. Quando arrivai a Corsano in provincia di Lecce nel luglio del 2000 conobbi molti ragazzi della mia età che condividevano la peculiarietà di essere orfani. Molti lo erano perché uno o addirittura entrambi i genitori erano morti di mesotelioma.

A Corsano non ci sono fabbriche di ternitti (come loro chiamano l’eternit), ma molti corsanesi sono partiti dalla fine degli anni Cinquanta fino all’inizio dei Settanta per lavorare nelle fabbriche del centro Europa e soprattutto in quella di Niederurnen, nel Cantone Glarus della Svizzera tedesca.

Quasi nessuna delle vittime ha chiesto pensioni, sussidi e ha proceduto a richieste di risarcimento, per questo non ci sono dati ufficiali di quella che risulta una delle più grandi tragedie italiane, e forse la più ampia e sconosciuta dell’emigrazione italiana.

In molti paesi del Capo di Leuca è avvenuto ciò e proprio in questi paesi ho avvertito la contraddizione di un destino che ti fa nascere in una terra ricca di pietre, ma ti porta lontano a costruire un materiale a cui gli uomini hanno dato il nome di Eterno, con un atto di tracotante superbia. Non si può non pensare a quanto sia puntuale la Hybris, l’evento che influenza negativamente nella tragedia greca coloro che sono stati artefici del tentativo presuntuoso di superare un limite. E ogni qual volta accade, puntuale, l’uomo è ricacciato molto dietro il confine che ha tantato di superare. Esiodo ci contrapponeva la dike, la giustizia, e non si fa fatica a ritrovare proprio in questi giorni quel minimo di fiducia che lega tale vicenda all’epica quotidiana che diviene storia umana. La dike è la sentenza e ha una conseguenza pratica oltre a quella umanista di riscattare un pezzo di storia: farà giurisprudenza e servirà ad altri giudici, ad altre vittime.

Purtroppo, per molti senza nome, sarà solo un riconoscimento e un monito alle generazioni future sulla sicurezza del lavoro. Aggiungerei a questo il monito a un’altra silenziosa tragedia, quella di chi è partito ed è tornato malato per un sogno di vita migliore, per sè e per i suoi figli.

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per leggere una recensione di Alberto Asor Rosa del libro di Desiati, “Ternitti”, (Mondadori 2011) dal titolo Pane amore e fantasia. Il realismo poetico che racconta l’Italia, che tratta proprio della tragedia dell’amianto nel Capo di Leuca, premere qui

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