La Taranta, quel morso che ti inietta la vita

Centomila persone per una notte al ritmo di questa musica ossessiva, coinvolgente. Era nata per liberare dal terribile veleno del ragno, oggi sprigiona energie

di Franco Patrizi

da Il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2013ndtfattoIn Salento si ha rispetto per il tempo. Il tempo non è solo un concetto, è cultura e sangue. Specie nelle terre di confine. Forse è per questo che il ritmo, fino a qualche decennio fa, è stato cura per figure drammatiche. In questa terra volta ad oriente, uomini e donne ballavano sul ritmo frenetico dei tamburelli e guarivano (momentaneamente) dal morso del ragno mitico. La taranta che avvelenava. E la musica, la danza e i colori che liberavano dal veleno. Ernesto de Martino, scrivendo La terra del rimorso, spiegava tutto con una sintesi definitiva: ‘questo rito altro non e’ che la rappresentazione del loro dolore’.

Quando il fenomeno del tarantismo, con la scomparsa della civiltà rurale, è divenuto definitivamente passato, ha lasciato in eredità la sua musica. Il filo della storia ha tramandato ossessioni, versi e nostalgie.

L’operazione di rimozione storica, altrove devastante, qui era avvenuta solo in parte. Anzi. Grazie a quella musica, il Salento era diventato (dopo secoli di semi-oblio) una nuova meta, per ri-ascoltare, per comprendere.

’L’uomo salentino – raccontava Donatello Pisanello (uno dei musicisti del Salento della ‘riscoperta’) – è un po’ come uno zingaro al contrario: mentre lo zingaro attraversa le culture, il salentino viene attraversato dalle culture, è geneticamente pronto all’accoglienza’. E dunque, nella gran parte dei casi, ad essere accolto.

E’ anche per questo che la ‘pizzica’ (nome della più nota musica salentina) ha navigato i mari, è arrivata in America (gli Aramirè ieri, il Canzoniere Grecanico Salentino oggi), in Giappone (con Officina Zoè), in Cina (con l’Orchestra della Notte della Taranta).

Sono solo esempi per capire come questa tradizione musicale abbia avuto la protezione della storia, la cura della sua gente. Per attraversare il tempo.

Oggi questo ritmo terzinato ed ossessivo (o la sua evoluzione) accompagna le notti d’estate. Non più quelle dei contadini che ballando, dice il ricercatore Luigi Chiriatti, ‘esorcizzavano la consapevolezza di morire giorno per giorno’, ma quelle della gente di oggi, fusa e confusa in un rito collettivo di umanità. Sono ormai decine e decine i gruppi musicali della tradizione (e forse non importa se talvolta la qualità è concetto relativo). C’è dentro la voglia di ritrovarsi, il gusto di condividere.

In estate questa terra si sveglia, si racconta attraverso le sue melodie e i suoi ritmi e concerto dopo concerto, piazza dopo piazza, si arriva alla fine di agosto a Melpignano, per il concerto della Notte della Taranta. L’appuntamento e’ ormai un classico: centomila persone ad ascoltare ogni anno i migliori artisti salentini. Accanto a loro musicisti dell’area mediterranea: sonorita’ e ritmi che si fondono in una notte di accoglienza. Quest’anno l’appuntamento e’ per il 24 agosto e Maestro Concertatore sarà Giovanni Sollima.

Oggi dunque, su note originariamente drammatiche, si balla e si canta la voglia di vivere. Come i contadini di allora, malgrado tutto.

Ma proprio come allora, Il Salento della contemporaneità non è solo allegria, è terra problematica, spesso dimenticata. E’ terra, ancora oggi, di gente che va via a cercare nuova vita. Anche per questo, nel codice genetico-musicale dei salentini, sono rimasti più o meno intatti i canti di lavoro, quelli di protesta, le nènie o quelli d’amore, struggenti e soffici come il vento della sera.

Sempre de Martino scriveva che ‘non tutte le cose che abbiamo reso lievi meritavano di diventarlo’.

Ma il Salento oggi è questo: una terra forte e inquieta che guarda all’Africa e all’Oriente, un posto dove continuano a confondersi ritmi, odori e sapori, dove si intrecciano idee e sogni. Con un sorriso amaro.

Dario Muci, musicista e poeta, scrive: ‘Racconto la mia terra, il mio Sud, con i suoi problemi e la sua lentezza nel risolverli. Sembra impossibile risolvere il problema del lavoro nero, dell’emigrazione, dello sfruttamento della malavita, dell’arricchimento a scapito della povera gente. Per questo mi dirigo su un percorso nuovo che parla di Sud, non solo come identità sonora, ma come realtà anomala’.

Una realtà’ anomala, già’, che continua a raccontare una storia antica. Per chi ha voglia di ascoltare e di rispettare il tempo.

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