di Maurizio Maggiani
da Il Fatto quotidiano, lunedì 7 ottobre 2013
“Due anni fa, volendo compiere un iperbolico gesto di riscatto (…), ho pensato di comprare una piccola chiudenda di ulivi nella campagna di Casarano, nella Puglia salentina. Erano anni e anni che andavo a visitare quegli ulivi, sessanta piante vecchie di mezzo millennio. Quegli ulivi avevano trasceso la loro condizione di essenze arboree, si erano fatti templi monumentali della dea terra, megaliti colmi di insondabile, arcano mistero architettonico; le loro ossute rame stendevano chiome che ombreggiavano per decine di metri, nei recessi dei loro tronchi vivevano famiglie di conigli selvatici, crescevano piante floreali. Ed erano ancora fruttiferi, perché ben potati, puliti e nutriti. Poi, non più. Poi, morto il contadino che ci era nato in quella chiudenda, partorito dalla figlia dei figli dei figli dei figli di chi l’aveva piantata, gli eredi lasciarono andare, occupati in altre faccende un po’ meno sacrali. Volevo comprare quella chiudenda perché non andasse persa tutta quella bellezza. perché non fosse offeso il lavoro di decine di generazioni, perché il figlio di Dinetto potesse onorare suo padre, nobile operaio, con un gesto di aristocratica nobiltà. Il prezzo era abbordabile. E non ne ho fatto niente. Niente di niente perché ho cercato invano chi avesse poi coltivato quegli olivi. Avrei dato tutto il raccolto in cambio, avrei preteso solo una bottiglia del loro olio. Quella si, avrei ripreso a tenerla sotto chiave. Ma a lavorare sessanta ulivi non c’è la morale, come si dice. In Salento la morale olearia comincia a farsi vedere quando gli ulivi sono cinquecento, seicento, e tutti insieme per non farsi mangiare dai costi del gasolio. Le olive non valgono più niente per chi le cala giù; da quelle parti almeno, i soldi con l’olio li fanno i grandi manifatturieri, i raffinatori e i mescolatori e i distributori. E quelli del marketing naturalmente. I nuovi tempi. (…)
il testo è uno stralcio di un articolo più ampio pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2013