A Saragozza, il 17 e 18 dicembre 2016, in occasione della prima di Cardìa, il nuovo spettacolo in musica e danza di Miguel Ángel Berna e Manuela Adamo in collaborazione con Brizio Montinaro, si svolgerà un convegno, curato da Andrea Carlino e Manuela Adamo, in cui intellettuali spagnoli e italiani cercheranno di individuare i nessi, le analogie e le convergenze fra la cultura immateriale dell’Aragona e del Salento, che sono alla base dello spettacolo, con particolare riferimento al fenomeno storico del tarantismo, diffuso in passato anche in Spagna, e al grande interesse contemporaneo, che accomuna le due terre, per i balli tradizionali.
Il programma è così strutturato:
17 dicembre, 16-18,30
I riti della vita: Aragona, Salento e la forza della tradizione
Introduzione di Ignacio Escuín Borao (direttore generale di Cultura e Patrimonio, Governo dell’Aragona)
Interventi di Josè Luis Corral (università di Saragozza); Andrea Carlino (università di Ginevra); Berardino Palumbo (università di Messina); Manuel De Carli (università di Tours)
18 dicembre, 11-13,30
Presentazione del libro di Marius Schneider, La danza delle spade e la tarantella, edito da Institución Fernando el Catolico
Interventi di Carlos Forcadell (direttore della IFC); Manuela Adamo (compagnia di Miguel Ángel Berna, curatrice della nuova edizione del libro); Vincenzo Santoro (studioso di cultura popolare, Associazione Nazionale Comuni Italiani); Javier Barreiro (scrittore e ricercatore)
Jota, pizzica e la re-invenzione della tradizione
Javier Barreiro (scrittore e ricercatore); Vincenzo Santoro (studioso di cultura popolare); Sandro Cappelletto (giornalista e scrittore), Flavia Gervasi (università di Montreal)
Cardia è un viaggio nell’anima di due regioni del sud d’Europa: l’Aragona e il Salento. Terre distanti, si dirà, oggi diverse, addirittura estranee, benché abbiano condiviso un tratto di storia quando agli albori dell’età moderna gli aragonesi governarono l’Italia meridionale. Eppure, scavando nelle tradizioni, nella memoria popolare, nei recessi del patrimonio immateriale di queste terre si scorgono affinità inaspettate, curiose coincidenze, tracce, forse, di una patria culturale comune: musiche e balli per curare il mal-essere miticamente generato dal morso di un ragno o di uno scorpione; canti e lamenti di prefiche che accompagnano la straziante separazione dei morti dai vivi; coltelli e bastoni che maneggiati con maestria riproducono in un disegno coreutico perfetto la tensione di scontri e duelli. Coincidenze o convergenze? La ricerca, ai primi passi su questi temi, è ancora da approfondire. Si tratta comunque di segni che attestano una sensibilità comune, modi analoghi che le tradizioni popolari, superando i confini posti dalla storia, preservano e tramandano per scandire i tempi e i fatti della vita.
I gesti, le danze, le musiche e le parole che compongono Cardia sono, dunque, quelli che nei secoli, per coincidenza o per convergenza, hanno dato voce in queste due regioni agli accadimenti che segnano il volgere dell’umana avventura, quelli che irrompono nel quotidiano e sembrano alterare per sempre l’ordine del mondo, quelli che agitano le passioni, alterano gli equilibri, scompaginano l’esistenza. Amore, disperazione, follia; sofferenza, malattia, remissione del male; i conflitti che scuotono il quotidiano, per rabbia, onore o vendetta; la morte, soprattutto, l’estremo dramma della perdita di una persona cara; e poi la vita, di nuovo, che festosamente ricomincia. Sono questi gli aspetti di un ciclo vitale costellato di emozioni, gioie e dolori che, in Aragona come in Salento, sono narrate, commentate, addomesticate da rituali, canti e poesia. Essi esprimono la volontà di una comunità intera di attraversare le temperie individuali e di ristabilire l’ordine del mondo, facendo appello insieme, coralmente, al savoir-faire e al savoir-vivre perpetuato in antiche tradizioni.
Elemento centrale di questa vicenda mondana e delle sue rappresentazioni, nella storia viva come in questo spettacolo, è il cuore – cardia, sacello dell’anima sensibilis. Nella cultura dell’antica Grecia, in particolare quella che sistematizzata da Aristotele e che è a fondamento di tanta parte della civiltà occidentale come di quella araba, il cuore è l’organo che sente, tripudia e patisce. Battendo, attraverso il fluire del sangue, irradia lo spirito vitale, il sentire che anima, muove e commuove tutto il corpo. Ecco perché Cardia: cos’altro sono musica, danza e rituali se non prodigiosi artifici elaborati per commuovere (cum movere), per muovere insieme, per accordare i battiti del cuore e i flussi del sentire?
Non a caso cardia è vocabolo ricorrente nel repertorio tradizionale di canti d’amore e di lamentazioni funebri in grico, nell’odierna Grecìa salentina: un cuore composto da quattro foglie chiuse a bocciolo, recita uno di questi componimenti raccolti e studiati alcuni anni fa da Brizio Montinaro.
Per approfondimenti, si possono consultare i seguenti libri di Brizio Montinaro:
Canti di pianto e d’amore dell’antico Salento, Bompiani (http://www.briziomontinaro.it/canti_di_pianto)
Il tesoro delle parole morte. La poesia greca del Salento, Argo (http://www.briziomontinaro.it/il_tesoro_delle_parole_morte )
Danzare col ragno, libro+cd, Argo ( http://www.briziomontinaro.it/danzare_col_ragno )
Una mia intervista a Brizio Montinaro (dal titolo La ricerca del Salento perduto )si può leggere qui: http://lnx.vincenzosantoro.it/2006/07/15/la-ricerca-del-salento-perduto/