Sciola, Zappareddu, Barba, gli anni Settanta e una Sardegna a caccia di stimoli
di Antonello Zanda (direttore Cineteca Sarda), da L’Unione Sarda del 17 ottobre 2017
Per San Sperate e Orgosolo i primi anni ’70 furono gli anni del muralismo. A San Sperate nacque nel 1978 grazie a Pinuccio Sciola, che portò il suo progetto Paese Museo all’attenzione internazionale e diede uno scossone alla centralità contadina della sua comunità. A Orgosolo fu il gruppo anarchico Dioniso a realizzare nel 1969 il primo murale, anche se fu poi Francesco Del Casino, nel 1975, a farlo diventare passione politica e sociale che coinvolgeva tutta la comunità, più famosa agli occhi degli italiani per il banditismo che dominava la cronaca. In questo contesto, nel 1974 e nel 1975, i due centri furono anche scelti dal gruppo teatrale Odin Teatret, fondato dal salentino Eugenio Barba, per un laboratorio sperimentale che fu importante non solo per le due comunità, ma anche per il percorso artistico del gruppo. Il volume Odino nelle terre del rimorso. Eugenio Barba e l’Odin Teatret in Salento e Sardegna (1973-1975), curato da Vincenzo Santoro, responsabile dell’Ufficio cultura dell’ANCI, per la casa editrice Squilibri, restituisce quella storia quasi dimenticata. Il libro – in libreria da settembre – è stato realizzato d’intesa con la Società Umanitaria Sarda e presenta inoltre una prefazione di Eugenio Barba, due scritti di Antonio D’Ostuni e il mio in appendice, 53 foto di Tony D’Urso scattate in Salento e in Sardegna e un dvd con il documentario In cerca di teatro realizzato nel 1974 da Ludovica Ripa Di Meana per la Rai.
Zappareddu e Barba. Pierfranco Zappareddu, regista e attore recentemente scomparso, nel 1973 fece un viaggio di formazione nel centro danese di Holstebro, dove aveva sede l’Odin Teatret, la cui attività ne aveva già fatto una delle esperienze di fama internazionale nel campo dell’avanguardia teatrale. Stimolato anche da Zappareddu, Eugenio Barba decise di intraprendere un viaggio in Sardegna e in Salento, che fu peraltro una scelta innovativa forte e determinante in un periodo storico di grandi tensioni e di rivolgimenti politici, sociali e culturali. Da un lato la vocazione sperimentale li stimolava ad uscire dallo spazio canonico del teatro e dall’altro la necessità politica di portare il teatro là dove non era di casa, tra contadini e pastori, anziani e casalinghe, in luoghi atipici come scuole, refettori di asili o granai abbandonati, li spinse a cercare un contatto diretto e autentico con la popolazione.
Il tour. L’Odin presentò in Sardegna le ultime repliche del loro lavoro Min Fars Hus, (La casa del padre), tratto liberamente dalla vita e dall’opera di Dostoevskij, già presentato alla Biennale di Venezia nel 1972. Gli spettacoli di San Sperate (16-21 giugno 1974) e Orgosolo (23-26 gennaio 1974) furono testimoniati con attenzione dai quotidiani di allora da Alberto Rodriguez e Mario Faticoni, che ci hanno raccontato le reazioni di un pubblico impreparato, che rumoreggiava e commentava ad alta voce, ma che con emozione ne aveva apprezzato il rigore e l’intensità. Ad Orgosolo il pubblico, con perentorietà, aveva travolto il canone dell’Odin che voleva solo 60 spettatori per spettacolo. I 200 spettatori orgolesi hanno inoltre innescato la dinamica dello scambio culturale, proponendo danze e canti tradizionali sardi che crearono un dialogo fra esperienze artistiche lontane. Eugenio Barba chiamò questo nuovo modo di relazionarsi col pubblico teoria del baratto.
Il ritorno. Quando nel 1975 l’Odin ritornò in Salento e in Sardegna (per una turnee che toccò i centri di Sarule, Ollolai, Orgosolo, Gavoi, Lodine, Olzai, Ovodda, Gairo, Loculi, Cardedu e ancora San Sperate) il baratto era già diventato centrale nella sua proposta artistica. In quello scambio troviamo un tassello importanti delle trasformazioni che hanno fatto crescere culturalmente le nostre comunità.
Tutte le info sul libro (con le date delle presentazioni) si possono trovare qui: http://lnx.vincenzosantoro.it/2017/06/07/odino-nelle-terre-del-rimorso/