Tarantismo: una rara attestazione abruzzese (Ripattoni – Teramo, 1839)

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Nel 1839 l’illustre medico ed erudito Achille Vergari, nato a Nardò nel 1791 ma vissuto in età adulta a Napoli, conservando però forti relazioni con la terra natia (a lui è dedicata la biblioteca comunale del centro salentino, il cui nucleo iniziale è composto da una sua cospicua donazione), diede alle stampe un libretto dal titolo Tarantismo o malattia prodotta dalle tarantole velenose. La “memoria” di Vergari si inserisce nell’ambito della polemica che alcuni medici e studiosi pugliesi, nel corso dell’800 (e anche oltre), condussero contro la tendenza, che ormai accumunava i più autorevoli studiosi regnicoli e internazionali, a contestare la “veridicità” del tarantismo. Come è noto, il campione di tale teoria fu il medico, umanista e filosofo napoletano Francesco Serao, che nelle sue celebri Lezioni (1742), con un procedimento tipico dell’Illuminismo, demolì in maniera definitiva l’ideologia del fenomeno, cioè la pretesa che il morso del ragno producesse “veramente” certi effetti, cosa a cui avevano creduto quasi tutti per secoli. Da allora, come ben ricostruito da Ernesto de Martino in dense pagine della Terra del rimorso, il tarantismo viene progressivamente confinato da parte della cultura “alta” a superstizione e stolta credenza popolare, irridendo coloro che continuavano a sostenerne una qualche “autenticità”. A tutto questo diversi studiosi locali – e in particolare medici, reagirono provando a opporre alle contestazioni a loro dire astratte e libresche, anche perché provenienti da studiosi che il tarantismo non lo avevano mai visto, le risultanze delle esperienze di coloro che erano invece impegnati sul campo e che a ogni scadenza stagionale dovevano puntualmente fare i conti con moltissime manifestazioni dell’antico bizzarro fenomeno, tutt’altro che domato dai furori razionalistici. Uno dei più autorevoli rappresentanti di queste contestazioni fu proprio il Vergari (comunque, come abbiamo visto, residente a Napoli), che nella sua “memoria”, ripercorrendo la vastissima e prestigiosa letteratura storica sull’argomento e cercando di confutare le feroci critiche provenienti dagli autorevolissimi studiosi “negazionisti”, continuò a sostenere la veridicità del fenomeno. In questo scritto, la parte forse più interessante è quella finale, in cui Vergari, per sostenere le sue argomentazioni, riporta anche le testimonianze di diversi “Professori viventi”, pugliesi e del resto del Regno, da cui si fa inviare appositamente delle notizie sui casi di tarantismo che si sviluppavano nei loro territori. A parte le molte segnalazioni pugliesi, sono di grande interesse le notizie provenienti dalla Calabria (con segnalazione di casi a Cropalati e nel distretto di Nicastro, l’attuale Lamezia Terme, dove le cure praticate consistevano nel “suono della chitarra battente accompagnata da cantilene, e nella stufa secca nel forno caldo”) e dall’Abruzzo, a Ripattoni (attuale frazione del comune di Bellante, in provincia di Teramo). Considerato che quest’ultima è una testimonianza particolarmente preziosa in quanto è una delle rarissime provenienti da quella regione (personalmente non ne conosco altre), credo sia di qualche utilità riportare completamente il breve testo del Vergari:

Il Dottor Agostino Aniballi di Ripattoni, nel Distretto di Teramo, per mezzo del Viceprotomedico Dottor Rocco Rubini, con foglio de’ 6 luglio 1838 in bella memoria ci scriveva due casi di tarantismo, avvenuto in due contadine una di sedici ed una di quaranta anni, e la cura in esse eseguita con la musica, ed in una soltanto col ballo. Osservava, che il suono calmava i dolori che ambedue provavano; che quella che potè ballare sortì più presto dalle morbose sofferenze. Altre sensate osservazioni aggiungeva, già sopra indicate.

Per approfondire il tema della diffusione extra-pugliese del tarantismo si può consultare il mio recente saggio Il tarantismo mediterraneo. Una cartografia culturale, Itinerarti.

Sempre a proposito delle tracce del fenomeno al di fuori delle sue terre “elettive”, segnalo un altro mio scritto su un caso marchigiano (Macerata, metà del sec. XVII), che si può leggere cliccando qui

Su Achille Vergari (e sulla preziosissima collezione di antichi libri di medicina da lui donati alla sua città natale e conservati nella biblioteca civica) si può consultare l’articolo di Marcello Gaballo Achille Vergari (1791-1875) e il suo contributo per debellare il vajolo nel Regno di Napoli, Fondazione Terra d’Otranto 2015 (reperibile su Academia.edu).

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