«Rivolta» delle aree periferiche
«Cerchiamo di essere vicini alle persone e di dare vigore alle azioni, ma viviamo l’angustia di fronte al collasso della politica. Degrado e lassismo sono i nostri nemici». Usa parole forti Lucilla Parisi, insegnante d’inglese, socialista, da cinque anni sindaco, per esprimere il lamento di Roseto Val Fortore, un piccolo comune del Sub Appennino dauno al confine con la Campania. Unica sindaco donna della provincia di Foggia, la Parisi rappresenta la Puglia «minore e periferica», disarmata e sola. « Ci tolgono anche la guardia medica, hanno deciso così. Per questo, con un’assemblea, abbiamo deciso di aderire al progetto per la Moldaunia. Il 30 dicembre delibereremo. Dobbiamo pur fare qualcosa per dimostrare che esistiamo». Roseto si affianca ad Alberona, Carlantino invece farà il referendum. La Puglia delle periferie protesta come può. La grande accusata è la politica, lontana e priva di passione per le piccole comunità. Dal Sub Appennino, all’area pre murgiana, al confine con la Basilicata, e al Capo di Leuca circolano le stesse parole: assenza di dialogo con i centri decisionali, chiusura e abbandono, privazione del bene delle informazioni. Ma nella solitudine rinasce il desiderio del futuro. I giovani vogliono restare nella loro terra. Se lo spopolamento e il crollo demografico annunciano la morte dei piccoli paesi, i nuovi semi della vita ridanno vitalità e speranza. «Con mille euro al mese a Milano – dicono – si può solo vivacchiare, meglio lavorare qui con meno soldi e costruire qualcosa. Neanche questo, però, ci è ancora possibile, eppure le risorse del territorio non mancano, qui sentiamo il nostro nutrimento». Nuove passioni e travagli scuotono l’anima profonda della Puglia. Dalle periferie nascono aspirazioni e percorsi istituzionali a volte confusi, comunque inediti. L’inquietudine dei Comuni emarginati prefigura ribaltamenti territoriali. La Moldaunia – come sostengono a Foggia – è un’idea priva di senso. Ma la decisione di indire referendum per passare al Molise è segno della disaffezione crescente. In questo rimescolamento, le parole della politica sembrano sfibrate e morte, prigioniere dell’abitudine e dell’ineluttabilità all’inconcludenza. «È un grande errore – sostiene Saverio Russo, docente di storia all’università di Foggia -. Le città della pianura devono adottare la montagna. La salute e il presidio umano di quei territori sono vitali anche per i centri più popolosi. Nelle altre regioni, al Nord e anche in Abruzzo, è in atto la riscoperta delle attività produttive nelle aree collinari e montuose». Sotto la pressione della globalizzazione, la Puglia sembra disarticolarsi e differenziarsi. Viene alla ribalta un policentrismo ai primi vagiti, con competizioni territoriali che si annunciano stringendo alleanze istituzionali e integrazioni dal basso. Gravina in Puglia e Matera decidono intese e chiedono alle due regioni di prenderne atto. Le province e i comuni di Lecce, Brindisi e Taranto pensano insieme sinergie per utilizzare i soldi europei nel nome del «Grande Salento», che promette di trainare la Puglia intera. La riscoperta della geografia e di antiche storie di comunanza accompagnano il parto di idee e alleanze. È un movimento carsico e istituzionale solo all’inizio. Per decenni la crescita è stata sostenuta massicciamente dai trasferimenti di fondi pubblici, per opere utili e grandi sprechi. Anche nei centri più piccoli si sono progettate e realizzate strutture, senza interrogarsi sulla loro utilità e gestione. Faeto, dolce comunità dal passato francofono, ha realizzato un mega villaggio invernale con piste e palazzo per il pattinaggio, mai entrato in funzione. Gli orrori del passato non sembrano aver insegnato molto. A due-tre chilometri da Leuca, all’estremo lembo della Puglia e dell’Italia, in un territorio finora difeso dall’assalto del cemento, si vuole un viadotto di 500 metri con 26 piloni. Dice Lucilla Parisi: «Ci manca un’etica pubblica. I più forti e i più furbi agiscono per il proprio tornaconto e ambiscono ai privilegi. Alla nostra comunità montana, un signore ha cambiato quattro partiti pur di restare al potere e, malgrado la diffida del prefetto, si è fatto rieleggere da un’assemblea scaduta bloccando ogni azione da mesi. Le arroganze preparano i fallimenti».
tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno
di Tonio Tondo
pubblicato il 21/12/2005