L’attore contro la nuova superstrada da 300 milioni: «Devasterà tutto»
di Giuseppe Salvaggiulo
da La Stampa del 14 marzo 2010
Nelle pirotecniche vicende pugliesi, prodighe di periodiche «scosse», mancava solo la variabile Riccardo Scamarcio. Al cinema, l’abbiamo visto nei ruoli più diversi: terrorista e poliziotto, bandito e artista, sciupafemmine e omosessuale. Mai nei panni del Masaniello ambientalista. Per quello, la macchina da presa non serve: basta la vita reale. La sua Puglia. Il Salento con i suoi silenzi barocchi, dove trascorre i week end con la fidanzata Valeria Golino. Ora minacciato dal faraonico progetto di una superstrada: quaranta chilometri a quattro corsie da Maglie giù fino a Leuca, finis terrae, estremo lembo d’Italia dove si sposano Ionio e Adriatico e nasce il Mediterraneo. Arrivato a Lecce per presentare il film «Mine vaganti» di Ferzan Ozpetek, girato proprio in Salento, Scamarcio non si è fatto sfuggire l’occasione. E a sorpresa, dopo i convenevoli cinematografici, scusandosi con il regista «per la parentesi che non c’entra nulla con il film», ha arringato il suo pubblico: «So che c’è in cantiere il progetto di portare la statale 275 giù giù fino a Leuca. Un progetto vecchio che andrà a distruggere con i pilastri di cemento un pezzo di paradiso naturale salentino e per questo va bloccato. È una terra che sta crescendo sempre di più, ormai la conoscono tutti, ma dovete stare attenti a non farvi strappare la bellezza dalle mani: progetti come quello dell’estensione della 275 sono devastanti, la modernità non deve distruggere la natura». Un manifesto esistenziale, più che politico. Una rivendicazione dell’identità della «terra» (titolo di un altro film ambientato in Salento, intepretato dallo stesso Scamarcio). È stato l’incubo delle ruspe sugli ulivi a scatenare l’anima ambientalista dell’attore. E a fargli sposare la causa delle decine di associazioni e comitati spontanei che si battono contro la «grande opera» da 288 milioni di euro. Tanti soldi pubblici necessari per costruire un viadotto di mezzo chilometro con tredici coppie di piloni alti nove metri e una galleria di 70 metri. Ma soprattutto, proprio sotto il santuario di Santa Maria di Leuca dove approdò l’apostolo Pietro dalla Palestina, una gigantesca rotatoria di 450 metri di diametro, estesa su una superficie pari a 23 campi di calcio. Per far posto a questo nastro d’asfalto, con svincoli degni delle freeway californiane per paesini come Alessano, Tiggiano e Corsano, saranno sradicati tremila ulivi secolari. E poco importa che per tutelarli, tre anni fa, la Regione abbia varato una legge ad hoc, che li definisce «elementi peculiari e caratterizzanti della storia, della cultura e del paesaggio pugliese ». Li ripianteremo, assicurano Anas e progettisti. Sì, ma tra svincoli e piloni di cemento armato, obiettano gli ambientalisti. La storia della statale 275 è lunga e complessa. I primi progetti risalgono a più di vent’anni fa, quando il presidente della Regione era Salvatore Fitto, padre di Raffaele, attuale ministro degli affari regionali del Pdl. Salentino di Maglie, da dove la superstrada dovrebbe partire, Fitto è il principale sponsor dell’opera e si è battuto nel governo per sbloccarla, dopo anni di discussioni, progetti, valutazioni ambientali, tavoli ministeriali. Il risultato è stato raggiunto: il governo ha riconosciuto alla statale il crisma di «infrastruttura strategica».
Nel frattempo, i costi sono quasi raddoppiati. La vecchia statale 275 viene definita «la strada della morte» dai sostenitori del nuovo progetto, riuniti anch’essi in un comitato. E questo – la sicurezza – è il loro argomento più forte. L’altro – la necessità di servire un territorio industrializzato – è stato travolto dalla crisi economica. Il sostegno alla «grande opera» è peraltro trasversale: oltre ai tecnici e alle imprese edili (non solo pugliesi) che fiutano l’affare, ci sono i politici. Il centrodestra è sempre stato favorevole, come una parte del Pd. Tanto che la giunta regionale guidata da Nichi Vendola si è mobilitata solo quando «La Gazzetta del Mezzogiorno» ha pubblicato i dettagli del progetto, facendo scoppiare polemiche e proteste. Allora la Regione ha promosso ricorso al Tar. Nel frattempo, i comitati del «no» raccoglievano adesioni, tra cui quella del regista salentino Edoardo Winspeare. E spiegavano di non essere contrari tout court a una nuova strada, «ma solo a un progetto così invasivo nella zona più suggestiva e incontaminata del Salento». Maquando tutto sembrava perso, è arrivato Scamarcio. Ora anche i comitati andranno al Tar. Non è ancora nato il Pds, Partito di Scamarcio,maqualcuno già lo sogna. Il piglio da leader nongli manca, il seguito figuriamoci.
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