Il Salento nascosto negli affreschi delle piccole chiese di campagna

A Santa Barbara, nel comune di Alessano un ciclo pittorico finalmente ritrovato

di Antonella Lippo

dal Corriere del Mezzogiorno del 29 ottobre 2010

santa lucia galugnano

santa lucia galugnano

L’incuria spesso accompagna molti dei monumenti, come le chiesette di campagna che sono disseminate nel territorio del Basso Salento, che, pur apparentemente poco interessanti sotto il profilo architettonico, nascondono o conservano testimonianze di complessi cicli pittorici. È questo il caso della chiesetta di Santa Barbara a Montesardo, frazione del comune di Alessano, uno dei tanti censiti già nel 1888 da Cosimo De Giorgi che nei suoi «bozzetti di viaggio», sin da allora, lanciava un grido di allarme per la conservazione di tutti i piccoli centri salentini, con i loro edifici, possibili prede dell’opera vandalica di forsennate demolizioni.

La chiesa delle monache di Santa Barbara, secondo i pochi documenti medievali relativi al monumento, risulta essere dei primi del XIV secolo. Da tempo versa in completo stato di abbandono e, solo pochi anni fa, il giovane studioso Sergio Ortese ha richiamato l’attenzione, attraverso una serie di interventi scritti sulla rivista di arte Kronos, sulla necessità di un recupero non più dilazionabile nel tempo. L’edificio sorge appena fuori il paese, e a vederlo, immediatamente si avverte una sensazione strana, come ci si trovasse di fronte ad un fienile. In realtà il suo destino, dalla fine dell’Ottocento in poi, è simile a quello i molti altri edifici sacri, che vennero privati della loro originaria funzione religiosa per poi divenire depositi agricoli. Si entra dunque in unico vano rettangolare, non molto grande, con un’abside rivolta ad est e coperta, allo stato attuale, da una volta in muratura, che va a sostituire un’iniziale copertura a capriata, e che risale al XIX secolo.

Nonostante la tristezza dell’abbandono, si possono ancora, a tratti, ammirare le tracce di un complesso programma figurativo, che si snoda lungo un arco temporale che va dal primo Trecento al Quattrocento avanzato. La prima fase risulta molto compromessa, per una serie di abrasioni e lacune, ma sono ancora riconoscibili la Vergine e il Cristo. È molto verosimile la presenza di un San Giovanni, ora perduto, che andrebbe così a costituire la Déesis bizantina. La datazione più probabile, per questa prima fase, si aggirerebbe intorno al 1320. La seconda parte del ciclo pittorico risulta meglio documentata e la si ritrova nell’intradosso dell’abside. Qui si può ritrovare la rappresentazione di una santa, con una acconciatura «a balzo» e una crocetta d’argento nella mano destra. Nel tempo è stata identificata dagli studiosi come una Santa Barbara, ma l’attribuzione rimane controversa. L’ultima fase della decorazione, che si colloca intorno alla metà del XV secolo e che corrisponde alla parte meridionale dell’edificio, è quella in cui si ritrovano più immagini, se pur sbiadite, a figura intera, e sono visibili quelle di una santa e di un santo francescano.

In questo caso i soggetti sono più chiaramente identificabili, anche in virtù della presenza, per la figura femminile, dell’attributo iconografico proprio di Santa Barbara, quello della torre; mentre l’immagine del santo dovrebbe appartenere a quella di Bernardino da Siena, canuto, con il volto scavato e orante. Questo pannello potrebbe essere solo un brano di una sequenza più articolata di santi e sante, una teoria che dovrebbe essere ancora tutta recuperata in quanto ricoperta da uno strato di calce. Sulla complicata acconciatura «a balzo» della santa, lo stesso Ortese, ha potuto trovare analogie stilistiche in un ciclo pittorico gotico, che si sviluppa nella chiesa di Santa Maria della Neve, nella vicina Galugnano e precisamente in un elegante affresco che raffigura Sant’Orsola. L’abbazia di Montesardo, così abbandonata a se stessa, potrebbe rientrare in un circuito di edifici sacri del Basso Salento in cui hanno operato note maestranze locali. È evidente però che l’intervento di restauro risulta necessario per una chiave di lettura esaustiva, oltre che per salvare l’intero complesso monastico trecentesco, con le sue pitture murali

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