Il mio intervento nel volume “Ibridazione. Nuove politiche per la rigenerazione culturale dei luoghi” (edito dal Mic)

Cartolina-15x10-1-1024x682È online il volume che raccoglie il lavoro prodotto lungo il percorso del progetto Ibridazione. Nuove politiche per la rigenerazione culturale dei luoghi, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, in collaborazione con la rete de Lo Stato dei Luoghi e il Master U.Rise dell’Università IUAV di Venezia. Il volume, pubblicato sul sito della Dg Creatività contemporanea del MiC, contiene al suo interno sia le Raccomandazioni emerse dal confronto fra 250 organizzazioni italiane che si occupano di processi di rigenerazione a base culturale sia gli interventi del convegno nel corso del quale le Raccomandazioni sono state presentate e discusse a Venezia con altri interlocutori e interlocutrici, il 9 e il 10 novembre dello stesso anno.

Nella ricca sequenza di interventi, è presente anche una mia breve riflessione, che si può leggere di seguito.

 

Spazi ibridi per la rigenerazione culturale e sociale

Vincenzo Santoro, responsabile dipartimento Cultura, Turismo e Agricoltura, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani

Su questa importante iniziativa vorrei innanzitutto esprimere un apprezzamento per il metodo ampiamente partecipativo adottato, che ha guidato lo svolgimento delle attività fino a questo momento di restituzione, implicando in forma attiva la pluralità di attori a vario titolo coinvolti, e ha consentito di costruire orientamenti realmente condivisi.

All’interno dei tavoli di lavoro è stato ricorrente il richiamo ai Comuni e alle competenze strategiche degli enti locali, spesso nel ruolo di decisori all’interno dei processi di rigenerazione e di intermediari rispetto alle comunità territoriali, ma anche incubatori di nuove relazioni fra attori pubblici e privati. Tutte accezioni in cui, proprio nel confronto con il lavoro concreto e quotidiano di costruzione di progetti e di governance a cui sono chiamati i Comuni, si inserisce bene il tema dell’ibridazione, che spesso risulta difficile da incasellare entro binari prestabiliti, rispecchiando nella maggior parte dei casi le variegate forme di finanziamento pubblico che possono esserci a sostegno (si pensi alle modalità altamente vincolanti che riguardano lo spettacolo dal vivo con i decreti del FUS). Quindi l’idea qui più volte espressa di ribaltare la prospettiva partendo dalla pratica territoriale, da forme di organizzazione più ibride, che riescano a intercettare a loro volta forme di sostegno altrettanto innestate e “dedicate”, ritengo sia assolutamente auspicabile e condivisibile.

Oltre alla natura del sostegno è necessario intervenire sulla necessità di un supporto continuativo e di medio-lungo periodo alle organizzazioni operanti nei territori, riconoscendo le azioni di rigenerazione, sotto la cui denominazione vengono fatte rientrare eterogenee forme di interventi, come agenti locali delle politiche culturali, delle politiche sociali e del welfare. Anche per simili e precipue caratteristiche gli strumenti di sostegno per questo genere di interventi – indispensabili nella maggior parte dei casi – occorre siano differenziati e ritengo inoltre sia compito delle istituzioni affrontare la necessità di armonizzare le misure economiche vigenti.

Sempre seguendo i punti maturati nel dibattito e recepiti nel documento programmatico, un altro tratto assolutamente importante dell’idea di ibridazione qui maturata riguarda l’opportunità di distinguere il piano del consolidamento delle strutture esistenti con la necessità di “nuova fertilizzazione”, cioè di creazione di nuovi presidi e nuove esperienze. Da un lato dunque occorre dare ai Comuni gli strumenti per rinnovare anche per lunghi periodi gli affidamenti sulla base dell’andamento dei progetti e delle attività, della valutazione d’impatto e tenendo in considerazione gli investimenti fatti, dall’altra rendere i territori disponibili ad accogliere e generare forme nuove e avanzate di intervento.

Cercando, come è stato suggerito da alcuni contributi, di contenere per quanto possibile la volatilità delle azioni favorendone invece la resilienza.

Ma la prospettiva che ritengo focale e capace di orientare lo sguardo rispetto ad ogni ulteriore considerazione, è quella dell’attenzione ai territori fragili e quindi al tema dei divari territoriali. È una questione che in prima persona, e come Anci, ritengo decisiva e che non sempre è considerata sufficientemente. Sappiamo che le fragilità territoriali nel Paese corrono sul doppio asse Nord-Sud, ma anche aree metropolitane e zone interne o a vario titolo periferiche, che devono essere riconosciute come destinazioni prioritarie delle progettualità da esperire. Un modo per farlo è assegnare premialità all’interno dei criteri di valutazione dei bandi pubblici: un esempio è ancora quello del FUS che prevede, dando seguito a una proposta avanzata da Anci, un riconoscimento in termini di punteggio per lo svolgimento di iniziative in Comuni sotto i 5000 abitanti; un altro caso interessante è quello degli avvisi emanati dal Cepell, come “Città che legge”, a cui noi collaboriamo, in cui uno specifico indicatore che permette di avere un maggiore punteggio riguarda le regioni dove si legge meno sulla base delle relative statistiche Istat.

Un’ultima questione di nodale importanza è quella delle “regole di ingaggio” rispetto all’attivazione di più ibride forme gestionali e di governance su cui, come sappiamo, negli ultimi anni ci sono state importanti evoluzioni normative che hanno consentito sperimentazioni molto interessanti. È diventato molto più semplice costruire partenariati pubblico-privato più virtuosi e più efficaci, maggiormente garantiti e più flessibili. Il tema della diffusione del modello del partenariato speciale pubblico-privato previsto dal Codice dei contratti pubblici risulta dunque decisivo, unitamente a quello della formazione specifica dedicata a questo genere di processi, di cui la pubblica amministrazione avrebbe estremamente bisogno, ma credo anche gli operatori. Mi pare inoltre che uno strumento troppo spesso ignorato nella costruzione di modelli di partenariato pubblico-privato sia quello del fundraising. Da questo punto di vista, oltre a lavorare per diffonderne la cultura – e di strada da fare ce n’è tanta – sarebbe anche importante agevolare con l’Art Bonus quei soggetti privati che intendano fare da mecenati-investitori di medio lungo periodo a iniziative di rigenerazione e presidio socioculturale, entrando di fatto in partenariato nel sostegno di determinate esperienze, in particolare ubicate nelle aree di maggiore bisogno. Anci ha presentato un emendamento in proposito, perché attualmente la disciplina dell’Art Bonus non lo consentirebbe, vedremo se verrà recepito.

Per concludere l’Anci sostiene convintamente e attivamente la costruzione di un tavolo permanente per continuare il confronto fra istituzioni: Stato centrale, Regioni, che hanno ovviamente moltissime competenze, i Comuni e il mondo del terzo settore, del privato sociale e della cooperazione, che possa anche produrre una proposta per un accordo tra questi livelli istituzionali. Tale proposta potrebbe poi essere ratificata nella Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni, per consentire un maggiore sviluppo di esperienze fecondamente “ibridate” nel nostro Paese.

Per scaricare l’intero volume cliccare qui

 

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