Come è noto, il documentarista Gianfranco Mingozzi, sulla scorta della celebre inchiesta demartiniana sul tarantismo salentino, realizzò, con la consulenza dello studioso napoletano nel 1962 il documentario La taranta, dove si ritrovano le straordinarie immagini delle “terapie domiciliari” di alcune tarantate, eseguite nelle loro abitazioni (in particolare nel centro di Nardò). Questo film, arricchito da un immaginifico commento del poeta Salvatore Quasimodo (fresco vincitore del premio Nobel per le letteratura), ha contribuito molto alla diffusione della conoscenza di questo antico rituale, allora ripreso nelle sue fasi morenti, accentuandone inoltre un’immagine forse eccessivamente inquietante e “oscura”.
Molto meno noto è invece che, pochi mesi prima dell’uscita del documentario, Mingozzi aveva usato le immagini girate nel Salento per il suo episodio degli undici che componevano il film Le italiane e l’amore (gli altri furono diretti dai registi Gian Vittorio Baldi, Marco Ferreri, Giulio Macchi, Francesco Maselli, Lorenza Mazzetti, Carlo Musso, Piero Nelli, Giulio Questi, Nelo Risi, Florestano Vancini, e al progetto generale collaborò anche Cesare Zavattini). Questa parte, intitolata Il morso della tarantola, che dura poco più di cinque minuti, contiene la spettacolare sequenze della meloterapia di una tarantata, montata in maniera più “cinematografica” rispetto al documentario ma soprattutto con un ritmo molto più serrato e con un rapporto più stretto fra immagini e musica (che ricordiamo fu registrata a parte da Diego Carpitella). Si tratta dunque di un documento più limitato ma molto più “potente” rispetto a La taranta.
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