Se la cultura del Salento è in un concerto

di Luigi A. Santoro

dal Nuovo Quotidiano di Puglia del 17 agosto 2011

 

soronzo_1Se un giorno d’estate il segretario regionale del Pd e l’assessore alla cultura del comune di Lecce proclamano all’unisono che lo sviluppo del Salento è garantito dal portare sul palco del concerto la pizzica e la tradizione musicale del Salento… e se la notte del concerto centrodestra e centrosinistra esorcizzano la taranta delle tasse del trio Berlusconi, Bossi, Tremonti sgambettando sulle note e sui ritmi dell’Ensemble Notte della Taranta, cosa ci attende domani?

In un saggio, pubblicato in «Nuovi Argomenti», luglio-dicembre 1964, pp. 105-141 – ma meritoriamente ri/pubblicato da Argo, casa editrice di Lecce nel ’97, con titolo Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche, il più attento studioso del fenomeno del tarantismo, Ernesto De Martino, metteva in relazione la percezione della fine di un mondo con le psicopatologie dei singoli individui. Infatti, secondo le parole di De Martino: “…caratteri esterni delle apocalissi psicopatologiche sembrano riprodursi anche in quelle culturali, dato che anche le apocalissi culturali racchiudono l’annunzio di catastrofi imminenti, il rifiuto radicale dell’ordine mondano attuale, la tensione estrema dell’attesa angosciosa e l’euforico abbandonarsi alle immaginazioni di qualche privatissimo paradiso irrompente sul mondo”.

Ora, se alla base dei processi psicopatologici dell’indivuduo, dalla psicoastenia alla schizofrenia, incontriamo le varie gradazioni di delirio, nelle manifestazioni di vita culturale dovremmo incontrare analoghe forme deliranti.

Non so se Sergio Blasi e il suo collega assessore alla cultura del comune di Lecce, Massimo Alfarano, abbiano avuto la possibilità di ri/leggere quelle illuminanti pagine. Ho paura che la risposta sia negativa. Diversamente l’assessore si sarebbe preoccupato di smorzare i deliri sulla “…valorizzazione delle risorse più importanti sul territorio: mare, storia, cultura, architettura cercando di renderli più fruibili”. E sulla possibilità di far vivere non solo il centro ma anche le periferie e le marine con i concerti di Jovanotti, i Modà, Zucchero e Gualazzi.

Il “caso Blasi”, se possibile, è ancora più out. Esordisce, infatti, personificando la Notte della Taranta che da tempo era pronta ad incontrare la Piazza del capoluogo, per poi denunciare “una politica che confonde cultura con kermesse” contro la quale un’istituzione come la Fondazione “La Notte della Taranta” sprigiona tutta la sua forza di palingenesi morale, culturale, politica, musicale, economica (con certificazione bocconiana), sociale, gastronomica, coreutica, televisionaria… grazie anche al “lavoro prezioso di tanti”, ma soprattutto alla sua rinunzia di “ferie e vacanze” esplicitata nella leopardiana immagine del suo essere “curvo sul tavolo da lavoro, affinché ciò che deve accadere (la festa) accada”. E da qui in poi i cavalli delle parole procedono a briglia sciolta.

La non kermesse Notte della Taranta ha il potere e la capacità di proiettare i ritmi della pizzica e della tradizione musicale salentina nel mondo globale; permette a questi patrimoni di sfuggire all’isolamento filologico senza vendersi l’anima; fa evitare i rischi di celebrare la retorica del grande Salento. E, per evitare l’abuso della retorica, impedisce che il futuro nasca dalla celebrazione difensiva dell’identità, ma permette di “usare il passato come la risorsa migliore per costruire il futuro”. Infine, dopo aver pagato piccolo pegno al delirio identitario “noi di Grecìa” – contrapposto al voi di Leccesìa, o per scimmiottare quelli di Padanìa? – si rende conto che affinché La Notte della Taranta possa sprigionare tutta la sua energia creativa e la sua capacità di palingenesi è necessario individuare i responsabili dell’apocalisse, della fine del mondo, di questo mondo. E li trova. Nall’immobilismo di un eterno barocco. Diversamente dal barocco del Convento degli agostiniani di Melpignano che da 14 anni saltella e vibra sul ritmo della pizziche del Concertone. E nel “passo claudicante dell’odierno potere”. Un potere di cui, per fortuna, Blasi non fa parte, avendo da tempo immemorabile abbandonato tutte le cariche politiche e istituzionali. Alla città capoluogo, rinnovata e ricreata, attraverso l’incontro con la Notte della Taranta, il compito di “mettersi alla prova di nuove creazioni attraverso l’incontro con la Notte della Taranta, il compito di “mettersi alla prova di nuove creazioni attraverso la competizione delle sue tante opportunità: l’arte, la cultura, l’università, il mare, la capacità di intraprendere”. E il parco di Rudiae, le piste ciclabili, la sagra delle rapeste, le cave di Marcuito… A cominciare sotto la colonna di uno spaesato Sant’Oronzo condannato a benedire i suoi fedeli da una colonna piantata sulle rovine di un anfiteatro pagano. I decibel l’altra sera erano quelli giusti per solleticare, oltre la facciata della chiesa di Santa Maria delle Grazie, anche quella della chiesa di Santa Croce. Qualcuno dice di aver visto frammenti del rosone o dei telamoni vestiti da turchi evaporare dal loro piccolo e gretto mondo provinciale e proiettati dai vortici della pizzica nel radioso “mondo globale”. Insomma, se il segretario regionale del Partito democratico e l’allegra brigata del centrodestra propongono a tutti il modello salvifico del concerto-bancarella, inventato per mercificare la musica popolar-leggera, anche se imbellettato da un contorno di un poco di ricerca, di rinuncia a ferie e vacanze, le misure del trio Tremonti-Berlusconi-Bossi ci sembreranno solo un piacevole solletico ai nostri già magri bilanci. O forse, i tempi delle tre F: Festa, Farina e Forca.

Signore, abbi pietà di noi! Davvero l’Apocalisse sembra vicina.

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