Taranta kalashnikov!!!

di Vincenzo Santoro

26 agosto 2012

paladinotarPrime considerazioni sul concertone della Notte della taranta 2012, su cui forse si potrà ritornare più nel dettaglio in seguito.

Partiamo ricordando il contesto, che molti dimenticano: l’impostazione del concertone della NdT, fin dalle sue origini, è che un maestro concertatore estraneo al Salento, utilizzando musicisti salentini e non, e magari anche più o meno prestigiosi “ospiti”, debba creare musica “nuova”, modificando e riarrangiando in maniera più o meno radicale alcuni brani del repertorio salentino di tradizione orale (ma non solo, a volte sono stati condiderate anche altre canzoni, ad esempio alcune del repertorio “liscio-folk”). Questo approccio negli anni è stato anche per varie ragioni molto contestato, ma è per così dire il contratto fondativo di questo evento (cosa che rende ad esempio inutile ed improprio aspettarsi che sul palco ci sia l’apoteosi della “tradizione”, perché qui si è invece sempre ricercato piuttosto il “tradimento”).

Ora, mi sembra evidente che neanche il più grande dei musicisti, il più geniale e straordinario, possa fare un’operazione del genere con speranze di riuscita senza avere il tempo necessario per conoscere e studiare il repertorio, interagire ed amalgamarsi con i musicisti, comporre e sistemare i nuovi brani.

Bene: per fare tutto questo Goran Bregovic e i suoi assistenti, partendo dall’ignoranza quasi totale del repertorio salentino, hanno avuto di fatto solo pochi giorni, dovendo scrivere 32 pezzi (trentadue!). Per cui il maestro concertatore, che non è certo uno sprovveduto, aveva solo una strada possibile, che è quella che poi ha effettivamente percorso: semplificarsi al massimo la vita, scegliendo le soluzioni meno complicate, e soprattutto, in linea con lo spirito profondo dell’evento, trasformare tutto in una grande – per quanto a volte un po’ sgangherata – festa.

Da questo deriva a mio avviso la scelta del repertorio, furba e un po’ scontata (tra l’altro, se mi posso permettere, di larillolarilollalero non se ne può proprio più…) ma certamente efficace, e soprattutto le soluzioni musicali (ritmi a palla, ottoni e percussioni modello bombardamento atomico, esecuzioni al fulmicotone ecc ecc). I brani originali sono stati quasi tutti conservati nella loro struttura ritmica e melodica: Bregovic si è limitato nella maggior parte dei casi ad aggiungere (anzi, direi a giustapporre) frasi bandistiche dal “sapore” balcanico, accontentando così sia quelli che vogliono comunque che in queste operazioni rimanga la leggibilità dei brani originali, sia quelli che bramano le “contaminazioni” e gli “incontri di culture”.

Il risultato è stato quello che ci si poteva attendere: una grande, tiratissima festa di tre ore abbondanti, magari non troppo raffinata ma certo coinvolgente, con poche vere emozioni, alcuni brani più riusciti, altri meno, altri quasi kitsch (il massimo però si è raggiunto con il gruppo degli ospiti balcanici – se non ricordo male croati – vestiti in “costume tradizionale”, che sembravano la parodia, in chiave unz unz, dei “complessi” che allietano le nostre feste patronali di paese), e con un elevato livello di ripetitività (d’altra parte, se fai quindici pizziche iper-accelerate il rischio che si assomiglino è alto…).

Con il maestro concertatore a fare il gran piacione, i suoi (fantastici) musicisti a fare la sostanza, e i salentini, sommersi da tanto ben di dio, con più difficoltà del solito ad emergere (anche se il loro dovere l’hanno fatto, pure meglio che in passato, con poche sbavature e molta professionalità).

Se il risultato che gli organizzatori volevano ottenere era di segnare una linea di radicale discontinuità con il progetto di Ludovico Einaudi, possiamo dire che ci sono perfettamente riusciti. Il pubblico (numeroso anche più del solito) in linea di massima, mi sembra che abbia gradito (ma con queste premesse e con questi decibel era difficile il contrario). Per produrre musica più “preziosa” e meno scontata, mi pare però che ci voglia ben altro (e su questo a mio parere il più apparentemente algido Einaudi ha avuto meriti maggiori, aprendo strade inedite e di grande interesse).

Un grande apprezzamento credo che vada fatto alla come al solito ineccepibile organizzazione del concertone (che una cosa di queste dimensioni si svolga in un paesino di 2000 abitanti del profondo Sud si svolga senza problemi lo diamo per scontato ma non lo è affatto), grande segno di civiltà oltre che di qualità gestionale, e alle meravigliose e visionarie “luminarie d’artista” di Mimmo Paladino che costituivano il fondo della scenografia del sontuoso palco.

chi vuole può leggere alcuni miei interventi sull’argomento (dal 1998 ad oggi…) cliccando qui

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