La storia del Canzoniere di Terra d’Otranto

di Vincenzo Santoro

27 gennaio 2013

cdtoCon la fine degli anni ’80 nel Salento si registra un progressivo ritorno di interesse per i ritmi e i suoni della tradizione da parte di musicisti più giovani, che, insieme ad alcuni importanti protagonisti delle esperienze precedenti – che in molti casi non avevano smesso del tutto di operare – iniziano una nuova stagione di revival della musica salentina, dando vita a un movimento destinato a svilupparsi in maniera tumultuosa negli anni a venire. La “rinascita” che si sviluppa in questi anni ha origine quindi fondamentalmente dall’attività di alcuni operatori culturali, che, con modalità differenziate, decidono proprio in quel periodo di soffiare su un fuoco che evidentemente covava sotto le ceneri. Tra la fine degli anni ’80 si forma uno dei gruppi fondamentali del folk revival salentino, il Canzoniere di Terra d’Otranto, che elabora un progetto musicale e culturale che, pur raccogliendo idealmente l’eredità delle esperienze precedenti, propone un approccio alla tradizione a suo modo “moderno” e innovativo.

Luigi Chiriatti: Da qualche anno non praticavo più la musica popolare in maniera attiva. I tamburelli erano sparsi qua e là. Altri li avevo regalati. Nell’estate del ’90, mentre mi trovavo a Sant’Andrea, vennero a trovarmi tre ragazzi: Franco Tommasi, Pierluigi Lopalco, Roberto Raheli. Cominciarono ad indagarmi sulla cultura e la musica popolare e su tutto ciò che avevo fatto precedentemente. Mi trattavano come un vecchio portatore. La cosa da una parte mi gratificava, dall’altra mi infastidiva. Comunque quei tre ragazzi erano proprio simpatici. Nacque un’amicizia. Gli incontri si fecero sempre più frequenti e come era nell’ordine delle cose, un bel giorno ci mettemmo a suonare insieme(1).

Il «ragazzi» che vanno a trovare Luigi Chiriatti arrivano alla musica popolare da percorsi molto diversi da quelli che avevano caratterizzato la generazione degli anni ’70, in cui lo stimolo fondamentale era costituito dall’impegno politico.

Roberto Raheli: Allora, se devo dire quello che è più simile alla vulgata generale che spesso si associa a tutti quelli che suonano, devo dire che siccome da bambino ho sentito i campi di campagna e tutte queste cose qua, poi mi sono innamorato di queste cose e cosi ho continuato. In realtà non è vera questa cosa; cioè è vero che li ho sentiti, pero è vero anche che non ricordo assolutamente nulla di quest’esperienza. Secondo me la cosa che ha fatto scattare questa molla è quando sono andato fuori a studiare – quindi era nel 1979 – e mi è venuto il desiderio di potere parlare delle cose mie, delle cose del Salento, ed ho scoperto, con altri, che non è che avessi molte cose da raccontare. Io stavo ad Urbino, facevo l’ISEF. In quegli anni c’erano i dischi di folk di Bruno Petrachi, e poi era appena uscito il disco del Canzoniere Grecanico Salentino. E quindi il primo contatto reale con le canzoni nostre l’ho avuto attraverso quel disco. In quegli anni uscirono anche i primi due dischi di Brizio Montinaro con le registrazioni degli anziani, ed una delle cose di cui mi sono reso conto subito è proprio la differenza tra la riproposta di allora – che se devo dire la mia era meglio di quella di oggi: secondo me il primo disco del Canzoniere era un bel disco – e poi invece le stesse canzoni, o più o meno gli stessi tipi di canti fatti dagli anziani veri, quelli che realmente erano depositari della cultura tradizionale. Quando ho cominciato a suonare io, partendo dalla riproposta, ho cominciato a suonare per conto mio, a cantare, ad imparare queste canzoni intorno al 1980. Da solo, con amici, ascoltando dischi. Poi, ti devo dire la verità, ci sono una serie di canti, di canzoni che io non so come ho imparato, perché quelli che stanno sul disco li ho imparati da lì sicuramente; poi, stando ad Urbino ci sono una serie di persone salentine con le quali spesso e volentieri ci trovavamo a suonare ed a cantare e quindi venivano fuori delle altre cose(2).

Franco Tommasi: Ho fatto il primo spettacolo di musica popolare salentina al festival dell’Unità di La Spezia nel 1977. Mi invitarono a suonare e chiamai ad accompagnarmi un amico, Fabrizio Miglietta. Non so bene che rapporti lui avesse avuto con il primo Canzoniere Grecanico Salentino ma ho un vago ricordo di essere stato portato da lui intorno al 1975 in una specie di scantinato dove faceva le prove il CGS, e quindi – giovanissimo – di aver visto in azione queste persone dietro le quinte. Poi, stimolato tra le altre cose anche dall’ascolto del loro disco in vinile, continuò in me l’interesse per questo tipo di musica. Sono nato a Calimera, parlo un po’ il grico e comunque lo capisco bene. Ho sempre avuto un interesse per la tradizione popolare e per la cultura contadina. Mio nonno, per esempio, che era falegname, fabbricava per diletto (e poi mi regalava) strumenti a percussione della tradizione popolare. A La Spezia facemmo qualche brano ripreso dal disco del CGS, e anche qualcosa d’altro(3).

La differenza non è tanto anagrafica (pochi anni li dividono: Tommasi è del 1957, Raheli del 1960, Chiriatti del 1953) quanto di motivazioni: ci si appassiona alla musica popolare soprattutto per ragioni estetiche, emozionali, «perché è bellissima».

Per Raheli e Tommasi il folk revival salentino degli anni ’70 costituisce un riferimento fondamentale, ma in entrambi è forte il bisogno di fare un passo indietro, e ritornare ai “materiale originali”, in primo luogo alle registrazioni “sul campo” disponibili, ma anche alla materia viva degli anziani: «A noi piaceva molto di più la musica che ascoltavamo dagli anziani, dalle registrazioni di Montinaro o da quelle di De Martino (in quel momento circolavano anche alcune registrazioni del ’59 provenienti dal 45 giri allegato alla prima edizione della Terra del Rimorso). Eravamo travolti dal fascino di quelle musiche, di cui sentivamo l’altissima qualità tecnica e anche esecutiva»(Franco Tommasi). Questi sono i canti e le musiche di cui ci si vuole riappropriare e che si vogliono riproporre, prima in situazioni amatoriali e private, poi in contesti sempre più pubblici, fino ad arrivare alla formazione di un vero e proprio gruppo musicale.

Il progetto del Canzoniere di Terra d’Otranto nasce dalla sintesi instabile delle diverse sensibilità dei protagonisti. Il nome del gruppo, proposto da Chiriatti e accettato non senza qualche resistenza dagli altri componenti, segnala una forte continuità con le esperienze degli anni Settanta. Il Canzoniere comincia la sua attività in un contesto scarsamente recettivo. In pochi credono che negli anni ’90 abbia ancora senso suonare musica tradizionale.

Nonostante le difficoltà iniziali, il gruppo riesce ad imporsi e ad avere un discreto successo nelle piazze del Salento. I loro spettacoli, basati su una riproposta “fedele”, ma forte e vitale della musica tradizionale salentina, trovano un crescente consenso. Il repertorio del gruppo si basa sui canti appresi nelle frequentazioni degli anziani “cantori” ancora in attività, sulle “registrazioni originali” pubblicate in precedenza oppure conservate nell’archivio privato di Luigi Chiriatti, e su alcune delle versioni del primo disco del Canzoniere Grecanico Salentino.

In questo periodo cominciano anche i dibattiti e le discussioni sulle modalità della riproposta dei materiali tradizionali, che saranno un tema ricorrente per il “movimento” salentino anche negli anni a venire. Emergono le prime divergenze, che spesso vengono esplicitate in occasioni pubbliche, con musicisti che hanno scelto strade musicali differenti.

Franco Tommasi: Quando il nostro intervento cominciò a smuovere le acque, alcuni di quelli che avevano fatto parte dei gruppi degli anni ’70 incominciarono a voler dire la loro. Avemmo diverse polemiche, anche in pubblico. Mi ricordo un dibattito con Daniele Durante alla Fucazzeria “Da Francesco”. Lui affermava che “ripetere” un pezzo era inutile. E io dicevo che ripetere un pezzo è una cosa normalissima. Così si fa di solito, per esempio, per la musica classica. Un altro elemento della polemica era relativo al fatto che, sempre secondo Durante, la musica popolare è ripetitiva, è noiosa, “sono sempre i soliti due accordi”, diceva. E io gli ribattevo: in realtà non è una musica da due accordi; sei tu che ci vedi solo due accordi, perché tu vieni da una formazione classica ed è tipico che i musicisti classici vedano nella musica popolare (era così specialmente fino ad allora) solo due accordi, perché sono attenti principalmente alla struttura melodica e armonica, almeno per quanto di queste si possa fissare sul pentagramma, che è il loro modo di “vedere” la musica. La musica popolare ha questa struttura essenziale molto semplice, ed è quello che loro vedono; e tutto il resto (timbro, ritmo, trattamento della melodia e dell’armonizzazione e, soprattutto, l’irregolarità di questi, cioè proprio quello che è difficile o impossibile da scrivere) non lo colgono. Il grave è che se ci vedono due accordi, quando la suonano ci metteranno solo i due accordi! Durante aveva questo atteggiamento all’epoca, non so se poi lo ha cambiato. Sta di fatto che quando poi il CGS riprese ad eseguire canzoni tradizionali, al termine di un lungo periodo in cui avevano coltivato maggiormente interessi musicali differenti, cominciarono con delle esecuzioni di melodie e testi popolari salentini con arrangiamenti di sapore latino-americano e dicevano – ricordo un discorso fatto da Daniele Durante in uno spettacolo a Campi – che facevano ciò perché desideravano innovare la musica popolare salentina. Io ci scherzavo sopra dicendo che al massimo stavano innovando quella latino-americana!

Ma anche all’interno del gruppo sorgono delle difficoltà: tenere insieme l’eterogeneità delle motivazioni e delle provenienze dei vari componenti non è facile. Le maggiori discussioni sono proprio sull’eredità degli anni Settanta e dell’approccio “politico” alla musica popolare.

Alla fine, saranno le motivazioni “estetiche” dei componenti più giovani a prevalere nell’impostazione del Canzoniere di Terra d’Otranto. Dopo una intensa stagione di attività e di concerti, comincia a maturare l’idea di produrre un lavoro discografico, utilizzando il nuovo supporto che si va affermando, il Cd.

Nasce così Bassa musica, lavoro fondamentale per la storia del movimento salentino. Dopo l’album Canti di Terra d’Otranto e della Grecìa Salentina del Canzoniere Grecanico Salentino (del 1977) e l’audiocassetta Fantastica Pizzica di Pierpaolo De Giorgi e i Tamburellisti di Torrepaduli (del 1991), in qualche modo riapre i giochi e traccia un percorso che poi sarà seguito dalle tante produzioni discografiche che seguiranno. Inoltre, dal punto di vista musicale, il Cd segna un deciso distacco dagli approcci precedenti, recuperando le esperienze del passato ma in una chiave nuova, più fresca e moderna, più vicina alla sensibilità contemporanea. Nel libretto allegato al Cd è contenuto un testo, scritto in gran parte da Franco Tommasi, che descrive programmaticamente questa nuova impostazione.

Il lavoro fu accolto bene fra gli appassionati e sulle riviste specializzate, ottenendo recensioni anche sul quotidiano il manifesto e sulla prestigiosa rivista Folk Roots. Ma a livello locale fu sostanzialmente ignorato dalla stampa ed ebbe poca diffusione nelle librerie e nei negozi specializzati: «In generale ti guardavano dall’altro in basso. C’erano due filoni di indifferenza. Un’indifferenza popolare, di gente che cerca di affrancarsi dalla tradizione e dal dialetto. Ma poi c’era anche un’indifferenza “colta”, di sinistra, che per esempio proveniva dagli ambienti accademici leccesi» (Franco Tommasi).

Nonostante tutto, nel circuito locale della musica popolare, a quel tempo molto ristretto ma estremamente vitale, il gruppo assume una rilevanza significativa, e si trova a sperimentare diverse collaborazioni importanti (in particolare partecipa al film Pizzicata di Edoardo Winspeare).

Successivamente alla pubblicazione del Cd, il gruppo entra in una fase di crisi, originata soprattutto dalle differenze di vedute su come dare seguito al progetto musicale. Infine, con l’abbandono di Tommasi, il gruppo, nel settembre del 1996, di fatto si scioglie. Successivamente Chiriatti, Girasoli e Raheli daranno vita ad un nuovo gruppo, Aramirè – Compagnia di musica salentina.

 

(1) Luigi Chiriatti, Opillopillopìopillopillopà. Viaggio nella musica popolare salentina, Edizioni Aramirè, Lecce 1998, p. 107.

(2) Le citazioni di Raheli sono tratte da un’intervista eseguita da Ilaria D’Auria e Vincenzo Santoro il 14 aprile 2006.

(3) Le citazioni di Tommasi sono tratte da un’intervista eseguita da Vincenzo Santoro l’8 settembre 2007 (che si può leggere integralmente cliccando qui ).

 

Questo articolo è una sintesi di un capitolo più ampio dedicato al gruppo, pubblicato nel mio libro Il ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina.
Di seguito si può ascoltare una pizzica travolgente (e inedita) eseguita del vivo dal gruppo in un concerto del 1995.

 

 

 

 

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