da Blogfoolk Magazine, n. 600 del 9 giugno 2023
Dovrebbe oramai essere acquisizione condivisa non potere circoscrivere il tarantismo a quella che Ernesto de Martino chiamava la sua “regione elettiva” – la Puglia – e in particolare alla sua propaggine meridionale – il Salento – ma doverne estendere la diffusione a tutto il Sud d’Italia, alle sue isole maggiori (Sicilia, Sardegna, Corsica) e alla penisola Iberica, secondo un andamento temporale che, stando alle fonti, ne segnala la presenza oltre i confini apuli a partire dal XVII secolo.
In questo quadro “mediterraneo”, sbilanciato a occidente, il “male della tarantola” documenta caratteri ricorrenti, quanto specificità a volte marcate, con varianti che sembrano determinarsi diacronicamente, lasciando adito alla più veritiera accezione di “tarantismi”. A dimostrare particolare interesse a tal proposito sono le vicende campane. È a Napoli, capitale del regno e propulsivo centro culturale, che, a partire almeno dall’epoca della corte aragonese (e in particolare nell’ambito del grande poeta, scrittore e uomo di Stato Giovanni Pontano), fiorisce
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