I Comuni, le biblioteche, la lettura

323280506_680407126882528_7967328752265279696_nI Comuni, le biblioteche, la lettura, “Economia della Cultura”, n. 2-3 2022, Il Mulino

di Vincenzo Santoro, responsabile Dipartimento Cultura e Turismo Associazione Nazionale dei Comuni Italiani

La più importante e diffusa rete culturale del nostro paese

In Italia le biblioteche “di base” (altrimenti dette “di pubblica lettura”), che primariamente rispondono al bisogno dei cittadini di informazione e documentazione, sono nella stragrande maggioranza biblioteche comunali. I costi e le responsabilità della gestione delle strutture ricadono interamente sulle spalle dei Comuni, che impiegano allo scopo ingenti risorse. In questi anni molte sono state le amministrazioni che hanno investito per dare ai cittadini servizi all’altezza di esigenze sempre più specifiche e differenziate, rinnovando le strutture esistenti o creandone di nuove. È evidente però come i tagli ai bilanci comunali e le riduzioni di personale (chi va in pensione non viene quasi mai sostituito) abbiano costretto a ridimensionare le ambizioni e accresciuto le complessità gestionali. Nel periodo più intenso della pandemia molte biblioteche, da Nord a Sud, nonostante le chiusure parziali o (più raramente) totali, si sono sforzate di continuare a fornire ai cittadini servizi di supporto alla lettura, anche sperimentando incursioni innovative (almeno nelle dimensioni) nel campo del digitale. Una significativa mobilitazione che è stata molto apprezzata dagli utenti, che hanno diffusamente sperimentato gli strumenti proposti. Ora che l’emergenza sembra cessata (almeno così si spera), si tratta di recuperare la frequentazione delle biblioteche, inevitabilmente crollata in questi due anni di sofferenza. Un’impresa per molte ragioni non facile.

 

Una nuova strategia nazionale per promozione della lettura

Volendo restituire un quadro complessivo, nel raffronto con le rilevazioni statistiche e gli operatori del settore, quello che risulta è un sistema ancora ampiamente insufficiente rispetto alle domande dei cittadini e per le ragioni già accennate – a parte alcuni casi di eccellenza – sempre più in difficoltà. In particolare emerge un drammatico squilibrio territoriale: per quanto riguarda alcuni parametri molto significativi (numero di visitatori annui per ogni biblioteca, numero di libri acquistati, spesa media per l’acquisto di libri), la media delle regioni meridionali sta molto al di sotto dei valori della media nazionale. E ragionamento analogo si potrebbe fare nel rapporto fra le aree metropolitane e quelle in vario modo “periferiche” e “interne”.

D’altro canto la letteratura sul tema ha ampiamente dimostrato una necessaria connessione fra la debolezza delle infrastrutture culturali e i bassi livelli di lettura. Da qui emerge l’urgenza di mettere in campo una politica nazionale che rafforzi e rilanci le infrastrutture culturali – e in particolare le biblioteche di pubblica lettura, senza le quali è difficile immaginare interventi capaci di produrre effetti significativi sul medio-lungo periodo – e le reti di operatori del settore (editori, librai, associazioni, organizzatori di festival eccetera). Tale necessità peraltro non si giustifica solo per ragioni culturali e sociali, ma anche come leva per la ripresa del mercato editoriale, che può crescere significativamente solo se si amplia il numero dei lettori. Naturalmente è anche molto importante investire sulle scuole, investendo in maniera significativa sulle biblioteche scolastiche (e sul personale che dovrebbe gestirle), ma anche attraverso specifiche attività di promozione, cercando altresì di rafforzare il raccordo con il sistema bibliotecario civico. In questo campo ci sono diverse sperimentazioni interessanti che si potrebbero prendere ad esempio e generalizzare. Per quanto riguarda la rete delle biblioteche di pubblica lettura, occorrerebbe prevedere un piano di interventi per l’ammodernamento delle strutture (magari coinvolgendo anche l’Istituto per il Credito Sportivo nella sua nuova più estesa veste di “banca della cultura”), e una qualche forma di sostegno alla gestione, privilegiando le reti integrate di area vasta. Inoltre, sarebbe auspicabile – in riferimento specifico al settore delle biblioteche e più in generale culturale – un intervento volto al superamento dei vincoli sul turn-over del personale, che sta provocando una grave perdita di preziose e insostituibili competenze professionali.

 

Il diritto alla lettura a confronto con le disuguaglianze territoriali

Un’attenzione particolare deve essere dunque riservata al tema dei profondi divari territoriali esistenti, che come abbiamo detto si articola sull’asse Nord/Sud come nella polarizzazione tra aree metropolitane e a vario titolo periferiche.

Dando la parola ai numeri, nelle regioni del Mezzogiorno il medesimo diritto alla lettura risulta strutturalmente negato, come dimostrano le impietose statistiche periodicamente pubblicate dall’Istat e altri istituti di ricerca. Secondo le ultime rilevazioni (che si riferiscono al 2020) in Italia chi legge almeno un libro all’anno “per motivi non strettamente scolastici o professionali” è poco più del 40% della popolazione di età maggiore ai sei anni. Un dato medio in sé allarmante ma che cela soprattutto un profondo divario territoriale: se nel Nord si raggiunge un 48% di lettori, al Sud sono esclusi dalla pratica della lettura quasi tre quarti dei cittadini, che analogamente non fruiscono di ulteriori consumi culturali (non frequentando teatri, cinema, concerti eccetera), allo stesso modo infatti crescono le cifre che denunciano il dilagare della “povertà educativa”.

Numeri tristemente confermati dagli esiti del progetto di ricerca sulla lettura Leggere in pandemia #1. Nuovi percorsi di lettura degli italiani, frutto della collaborazione tra il Centro per il libro e la lettura (CEPELL) e l’Associazione Italiana Editori (AIE), che documentano un progressivo aumento della disparità all’interno della società italiana nell’ultimo triennio: essere o non essere lettori risulta sempre più inevitabilmente legato al proprio livello sociale, economico e culturale, e su tutto all’area geografica di residenza. È a partire da queste considerazioni dunque che occorre costruire il confronto con gli amministratori locali e un comune agire sul ruolo delle biblioteche nelle politiche pubbliche di rigenerazione urbana e di rafforzamento del tessuto sociale, la cui urgenza è sempre più stringente dal momento in cui riguarda la capacità di fasce sempre più ampie di cittadini di poter vivere con consapevolezza le sfide della contemporaneità, una questione decisiva per la qualità stessa della democrazia.

Le stesse indagini a cui ci si è riferiti fanno luce su un altro spetto dirimente, quello che consente di mettere in correlazione la scarsa propensione alla lettura all’assenza sul territorio di biblioteche di base. Lo rileva in particolare l’indice di impatto (definito dal rapporto tra iscritti al prestito sul totale della popolazione di riferimento) che restituisce il radicamento delle biblioteche all’interno delle comunità e la capacità di soddisfare i bisogni di informazione e lettura dei cittadini: pari al 15,2% a livello nazionale diventa molto al di sotto della media in Campania (4,6%), Calabria (6%), Sicilia (6,2%), Molise (6,9%) e Puglia (8,7%), come pure l’indice (medio) di prestito: per il 2019 è di 0,96 a livello nazionale con Sicilia (0,05), Puglia (0,05), Basilicata (0,09), Abruzzo (0,09) e Molise (0,09) che mostrano valori estremamente bassi.

Al Sud le biblioteche di base – perlopiù afferenti ai Comuni, come nel resto del territorio nazionale – sono meno diffuse ma soprattutto molto più deboli, garantendo servizi ridotti e di inferiore qualità, e di conseguenza tendenzialmente ignorate dai cittadini. Un sistema bibliotecario già desueto e poco esteso, ulteriormente indebolito dagli effetti della “riforma Delrio”, che ha procurato enormi difficoltà a molte grandi biblioteche meridionali dipendenti dalle Province (anche costrette a chiudere i battenti, come quella di Campobasso). Da questo punto di vista, un segnale in controtendenza di valore sistemico che va segnalato è l’imponente programma di investimento regionale sulle “biblioteche di Comunità” pugliesi, che però conserva la pesante criticità di limitarsi a pur massicci investimenti infrastrutturali, senza occuparsi compiutamente della gestione e della sostenibilità di medio-lungo periodo.

Oltre alla carenza strutturale va segnalato il nodo, nevralgico, del personale: i bibliotecari e gli operatori preparati a gestire le complesse prestazioni che dovrebbero svolgere, nelle biblioteche meridionali, sono pochi e spesso dopo il pensionamento non rimpiazzati. Per fare un paragone emblematico, mentre nel vasto e attivissimo sistema delle 25 biblioteche di pubblica lettura del Comune di Milano operano oltre 370 addetti assunti a tempo indeterminato, il Comune di Napoli è del tutto privo di personale (e per le precarie condizioni finanziarie non potrà assumerne a breve) e sostanzialmente anche di una seppure minima rete di biblioteche civiche.

In questa direzione cartina al tornasole è l’esperienza sarda, con significativi dati in completa controtendenza rispetto alle omologhe regioni meridionali – con indici di lettura quasi doppi rispetto al resto del Sud – grazie a consolidati investimenti di lungo periodo proprio sulle biblioteche di base.

I bassi livelli di lettura si dimostrano dunque, come già anticipato, in necessaria correlazione con la debolezza delle infrastrutture culturali che procura la privazione per diversi milioni di cittadini del diritto fondamentale di accesso al sapere a cui le moderne biblioteche rispondono. Da qui la necessità di mettere in campo una politica nazionale e locale che rafforzi e rilanci le infrastrutture culturali – e in particolare le biblioteche di pubblica lettura, senza le quali è difficile immaginare interventi capaci di produrre effetti significativi sul medio-lungo periodo – e le reti di operatori del settore (editori, librai, associazioni, organizzatori di festival eccetera).

 

La prima legge per la promozione della lettura e i Patti locali

 In questo quadro occorre rilevare il recente, e rimasto isolato, intervento legislativo statale nel settore (legge 13 febbraio 2020, n. 15 Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura) la cui attuazione è stata affidata al Centro per il Libro e la Lettura del Mic: una norma che si pone obiettivi molto ambiziosi, ma per ora con una dotazione economica non all’altezza delle ambizioni.

Tra le misure più significative previste – che coinvolgono più direttamente le amministrazioni locali nella precipua funzione di diffusione della lettura – emerge o in primo luogo l’adozione di un Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura (art. 2) di durata triennale affidato al Mibact, di concerto con il MIUR, previa intesa in Conferenza unificata Stato-Regioni Enti Locali. In particolare la predisposizione della proposta del Piano, il coordinamento e l’attuazione delle attività, nonché il monitoraggio e la valutazione, sono stati assegnati Centro per il libro e la lettura (Cepell) mentre la copertura finanziaria ricade in un Fondo specifico istituito presso il Mibact, che vale 4.350.000 annui. Considerato che il Fondo già esistente, istituito due anni prima, stanziava 4 mln di euro, in questo caso l’incremento delle risorse a disposizione si traduce in mezzi assolutamente insufficienti al raggiungimento dei complessi obiettivi del Piano, che la Legge elenca puntigliosamente.

La legge per la lettura ha previsto inoltre che i Comuni e le Regioni aderiscano agli obiettivi del Piano d’Azione nazionale attraverso lo strumento del Patto locale per la lettura (art. 3) – già ampiamente sperimentato nel progetto “Città che legge”, promosso dal Cepell in collaborazione con Anci – che consente di stabilire un sistema di cooperazione fra i soggetti pubblici (biblioteche, scuole eccetera) e privati (librerie, associazioni eccetera) impegnati nella filiera della lettura.

È bene sottolineare come il processo di negoziazione e coordinamento sotteso alla sottoscrizione del Patto per la lettura rappresenti un’inedita opportunità di protagonismo per i Comuni, dal momento in cui costituisce un efficace dispositivo di governance territoriale e fornisce contestualmente un agevole strumento di adesione agli obiettivi del Piano d’Azione nazionale. La sottoscrizione del Patto per la lettura si traduce dunque in mezzo privilegiato a disposizione degli amministratori, consentendo di vedere rappresentate le diverse istanze territoriali e di allacciare vaste sinergie per ovviare alle difficoltà di progettazione e offerta, che colpiscono in particolare i piccoli Comuni e le aree interne, spazi critici più di altri penalizzati, come si è già visto, in termini di proposta e partecipazione culturale. Allo stesso modo l’azione congiunta, che conduce alla sottoscrizione di un Patto, seguendo una logica di responsabilità condivisa e di partecipazione, anche in contesti metropolitani, evita la frammentazione di iniziative talvolta sovrapponibili e per lo più realizzate da un numero di operatori, al contrario, troppo esiguo.

Spetta al Comune, capofila del Patto per la lettura, una iniziale ricognizione dei soggetti già impegnati nell’attività di promozione, come delle azioni in essere, con l’obiettivo di coinvolgere i diversi interlocutori con cui intraprendere preliminarmente tavoli di concertazione e articolare condivisi documenti programmatici, anche attraverso la pubblicazione di una manifestazione di interesse che raggiunga un più vasto numero di potenziali sottoscrittori, aperta dunque a istituzioni culturali, soggetti pubblici e privati, associazioni, biblioteche, librerie, case editrici, scuole, università, presidi sanitari, penitenziari, fondazioni e tutti gli attori operanti nella filiera del libro.

La fase preparatoria per l’adesione al Patto si impone dunque come strategica per assicurare l’efficacia delle successive politiche e garantisce una coralità di forze e intenti tale da caratterizzare nel lungo periodo le concrete iniziative approvate, affinché possano essere discusse e sostenute con successo dalla progettazione alla completa realizzazione.

La vocazione di strumento aperto e dinamico che caratterizza il Patto consente comunque di acquisire, nell’arco di tutta la sua durata, ulteriori sottoscrittori, proprio con l’obiettivo di implementare la rete di relazioni tra i soggetti attivi nel campo della promozione della lettura, adeguandosi alle mutevoli esigenze dei territori, affinché le proposte riescano ad intercettare criticità e interesse pubblico, oltre alle richieste degli operatori coinvolti.

 

La pluriennale esperienza di “Città che legge”

 Uno sguardo privilegiato sull’efficacia della sottoscrizione dei Patti per la lettura a livello comunale, come già accennato, va rintracciato nella pluriennale partecipazione dei Comuni italiani al processo di ottenimento della qualifica di “Città che legge”, istituita con l’obiettivo di promuovere e valorizzare quelle amministrazioni comunali impegnate a svolgere con continuità sul proprio territorio politiche pubbliche di promozione della lettura. L’intento che anima il progetto è di riconoscere la diffusione della lettura come strumento di sviluppo socio-culturale e valore condiviso, in grado di influenzare positivamente la qualità della vita individuale e collettiva. A partire dalla prima edizione del 2017 l’Avviso pubblico ha visto una partecipazione crescente ed entusiasta delle Amministrazioni comunali che hanno presentato la propria candidatura, coprendo pressoché l’intero territorio nazionale, sebbene con diverse intensità territoriali: i Comuni accreditati sono passati da 391 a 450 nella seconda edizione e le regioni più rappresentate in entrambe le edizioni sono state la Puglia e il Veneto, ma il trend di positiva crescita dell’interesse dei Comuni per il progetto “Città che legge” è stato testimoniato dal notevole incremento delle candidature presentate nella terza edizione di attribuzione della qualifica valida per il biennio 2020-2021. Sono state infatti assegnate 859 (+409) qualifiche e un’ampia partecipazione in questa occasione, in termini relativi, è stata garantita anche dai Comuni di ridotta entità demografica, con una popolazione inferiore ai 15.000 abitanti – fino ai precedenti Avvisi meno rappresentati, dal momento in cui il tasso di partecipazione più alto, pari all’84%, si è registrato per i Comuni con oltre 100.000 residenti, evidenziando come le città con una popolazione più cospicua dimostrino un più diffuso interesse nella procedura di ottenimento della qualifica.

Una prospettiva ulteriormente significativa è quella che si ricava dall’analisi della distribuzione territoriale dei fondi relativi alla partecipazione dei Comuni aventi ottenuto la qualifica “Città che legge” all’omonimo bando promosso dal CEPELL. Interessa infatti sottolineare come a partire dalla seconda edizione si evidenzi una migliore performance delle proposte presentate dai Comuni del Mezzogiorno, contestualmente a un’importante crescita delle risorse destinate, che hanno beneficiato del 68% delle risorse complessivamente stanziate. Tale effetto è potenzialmente collegato sia all’incremento della qualità dei progetti presentati, sia alla sperimentazione di un nuovo fondo dedicato al Sud Italia: si tratta di “Biblioteche e Comunità”, un bando rivolto alle organizzazioni del terzo settore, sviluppato e gestito in collaborazione con la Fondazione con il Sud, cofinanziatrice per ulteriori 500.000,00 euro. In conclusione il confronto tra l’assegnazione delle qualifiche e le ripartizioni delle risorse economiche permette di constatare l’efficacia delle misure finora congiuntamente adottate dal Cepell, in collaborazione con Anci, dal momento in cui si rileva una consistente partecipazione delle aree tradizionalmente meno attive nella promozione della lettura, facendo allo stesso tempo emergere l’importanza della sinergia con le strategie locali, nonostante la persistenza di specifiche criticità territoriali, su cui orientare i futuri interventi. D’altro canto le assegnazioni premiano anche territori che registrano un progressivo e meritevole incremento di attività e capacità di crescita qualitativa delle proposte progettuali.

 

Gli “Stati generali delle biblioteche” e la Carta di Milano

 In conclusione, provando a sollecitare auspicabili misure di intervento, è degna di interesse la recente esperienza (25-26 ottobre) degli “Stati generali delle biblioteche”, convocati dal Comune di Milano con Aib e Anci. Il ricco programma ha previsto stimolanti confronti con le realtà internazionali più avanzate prima di focalizzarsi sulla specifica realtà italiana, in particolare attraverso l’elaborazione di una “Carta di Milano delle biblioteche”, aperta alla sottoscrizione di tutte le amministrazioni comunali sul territorio nazionale. Nel documento sono indicati sinteticamente gli obiettivi sociali e culturali che una moderna biblioteca dovrebbe porsi, gli impegni per le amministrazioni a sostegno delle proprie strutture bibliotecarie e una serie di proposte concrete finalizzate al rilancio dell’intero sistema delle biblioteche di base e delle attività di promozione della lettura. In un’ottica di concreta sussidiarietà, si chiede al nuovo Governo, al Parlamento e alle Regioni, di promuovere e sostenere in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale lo sviluppo dei servizi bibliotecari territoriali, garantendo:

  • l’impulso a un vasto programma nazionale di infrastrutturazione bibliotecaria e culturale, in particolare per le regioni del Sud e le aree interne, finalizzato alla composizione di una rete di biblioteche che siano anche luoghi di aggregazione, di socializzazione e di fornitura di servizi per i cittadini e che preveda, opportunamente finanziato, l’affiancamento dei Comuni per la realizzazione e la gestione delle strutture;
  • l’adozione di interventi a livello nazionale e regionale che concorrano a supportare economicamente, in cofinanziamento e in maniera continuativa, la gestione delle biblioteche da parte dei Comuni, anche con riferimento alla presenza di personale qualificato, per raggiungere opportuni standard di qualità del servizio, definiti e concordati a livello nazionale e periodicamente verificati, tenendo conto degli squilibri territoriali e della necessità di colmarli;
  • il rafforzamento della cooperazione bibliotecaria fra diversi livelli istituzionali, per favorire il superamento degli squilibri territoriali rispetto allo sviluppo delle biblioteche;
  • l’aumento sostanziale del Fondo previsto dal comma 7-quater dell’art. 22 della legge 21 giugno 2017, n. 96 , da destinare al sostegno dei Sistemi bibliotecari, alla transizione digitale delle biblioteche e alla tutela e valorizzazione del patrimonio librario;
  • la compiuta attuazione della 15/2020 sulla promozione della lettura, potenziandone in maniera sostanziale la dotazione finanziaria in particolare per quanto riguarda il “Fondo nazionale per la promozione della lettura”;
  • il rafforzamento delle strutture del Ministero della Cultura preposte alla definizione e attuazione delle politiche bibliotecarie e di promozione della lettura a livello nazionale, garantendo l’effettiva partecipazione dei Comuni alla individuazione dei piani di intervento e delle priorità programmatiche;
  • la realizzazione di “Patti regionali per la lettura” come strumenti di programmazione a livello territoriale, prevedendo un adeguato stanziamento di risorse da mettere a disposizione dei soggetti locali per l’attuazione di politiche efficaci;
  • e infine la creazione di un tavolo permanente di confronto fra Ministero della Cultura, Regioni, Province e Comuni sulle tematiche proprie delle biblioteche di ente

 

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