un nuovo, clamoroso documentario storico sul tarantismo salentino (Muro Leccese, metà degli anni ’60)

Screenshot 2023-09-30 alle 08.19.30Per vie misteriose, è venuto fuori un nuovo (bellissimo) documento audiovisivo sul tarantismo salentino. Vista la immensa attenzione dedicata all’argomento negli ultimi decenni, la cosa può sembrare veramente incredibile. Si tratta di un video girato da Ghigo Alinari (regista torinese minore, autore di un paio di altri cortometraggi, stiamo cercando di approfondire) a Muro Leccese e, per quanto finora noto, mai diffuso ufficialmente. Lo ha reso pubblico – meritoriamente – lo studioso Sergio Pedio, postandolo sul profilo fb dell’Arci di Muro, e si può visualizzare qui: https://www.facebook.com/watch/?v=1576426845975793 . Dovrebbe risalire alla prima metà degli anni ’60, come ci è stato confermato da alcune persone che, allora in tenera età, vi parteciparono.

Il filmato si apre con preziose immagini del paese di quei tempi, fra strade assolate, chiese barocche e artigiani intenti nelle loro occupazioni. Poi si passa all’attività agricola che in quel tempo nel Salento coinvolgeva intere comunità: la raccolta del tabacco. Vi è intenta anche una giovane donna, che improvvisamente viene pizzicata dalla taranta e si accascia in mezzo al campo. La notizia si diffonde nel paese, tutti accorrono, vengono chiamati i suonatori “specializzati”, e in un luogo allora di campagna oggi sede della Villa Comunale, si officia il rito e lo sfrenato ballo “guaritore”. I due straordinari musicisti –  Cristina Stefanizzi, canto e tamburello, Mario Marsella, fisarmonica – sono fra quelli già documentati da Diego Carpitella nel corso delle ricerche svolte insieme a Ernesto de Martino nel 1959 (e poi nel ritorno in autonomia del 1960). Rispetto al celeberrimo documentario di Gianfranco Mingozzi (La taranta, 1962) e più in generale alla “grande narrazione” demartiniana, si avverte un clima diverso – forse anche per l’uso del colore invece del bianco e nero e per la mancanza del fascinoso ma decisamente ingombrante commento di Salvatore Quasimodo -, direi meno angosciato (e angosciante), più da festa campagnola che da plumbeo rituale esorcistico. La “tarantata” è vestita non di bianco ma in maniera discretamente elegante (un vistoso abito giallo) e balla freneticamente in mezzo ai talaretti col tabacco messo a essiccare. Quando si stanca, viene stesa su una sorta di copriletto (e non su un telo bianco come nelle documentazioni demartiniane). E soprattutto manca qualsiasi riferimento a Santu Paulu de Galatina: è forse questa assenza che attenua la cupezza complessiva della scena, restituendo il rito, che si produce in mezzo a una “comunità” in vario modo partecipante, alla sua antica e più coerente natura “pagana”? Comunque il ballo della nostra tarantata colpisce, ed è difficile non ritrovarvi alcuni elementi presenti nelle tante stupefatte descrizioni del rito che ci sono arrivate dai tempi più lontani: la dinamica molto concitata, il “dialogo” con i musicisti e i suoni, la presenza di altri “ballerini” che aiutano e stimolano la sua danza (pratica di grande interesse, rara nei documenti degli ultimi decenni ma ben testimoniata nei secoli passati, anche fuori dal Salento).

Da notare che il sonoro non è in presa diretta, ma rimontato sulle immagini. Per quanto riguarda la parte musicale, oltre alle travolgenti pizziche “tarantate”, sono presenti anche alcuni canti per sole voci alla stisa (ho riconosciuto una versione ‘femminile” di Questa mattina mi sono alzato, già documentata da Alan Lomax e Diego Carpitella nel 1954 e una versione de Lu monicu), nonché un brano alla fine del rito, il cui testo non sono riuscito a decifrare (forse un saluto?) ma che ha sicuramente una melodia molto simile a quella del Santu Lazzaru nella versione degli Ucci di Cutrofiano (per capirci quello in maggiore). Inoltre spesso affiora una enigmatica musichetta di sottofondo, del tutto fuori contesto, non si capisce se già presente nel video originale o inserito in chissà quale passaggio successivo.

Si tratta di una ricostruzione (come peraltro la maggior parte dei documenti visivi dell’indagine demartiniana), ma realizzata con persone che col rito “vero” evidentemente avevano avuto molto a che fare. La sua realizzazione avrà certamente comportato nel paese una grande mobilitazione collettiva, per cui è veramente singolare che per tanti anni – a parte una circolazione sotterranea fra gli appassionati salentini che però purtroppo non ha mai dato vita agli approfondimenti che una testimonianza del genere avrebbe meritato – se ne siano perse le tracce. Un documento straordinario e commovente, su cui sarebbe importante saperne di più.

Chi avesse maggiori informazioni può contattarmi, per telefono a 345.2504909 oppure scrivendomi a santoro@anci.it.

Questo che leggete è un primo appunto su un tema che necessariamente andrà approfondito. Per le informazioni acquisite finora devo ringraziare Sandra Taveri, Sergio Pedio, Walter Pedio, Francesco Meo, Giovanni Amati e Massimiliano Morabito.

Muro Leccese, come aveva già intuito Diego Carpitella, si conferma uno dei paesi più interessanti e “conservativi” per quanto riguarda il tarantismo novecentesco. Un bel saggio sul tema è stato scritto proprio da Sergio Pedio qualche anno fa: Quannu a Muru a taranta pizzicava e caruse…., Pro Loco Muro Leccese, giugno 2007.

I repertori documentati da Diego Carpitella nel 1959-60, comprendenti alcuni brani registrati a Muro Leccese a volte con gli stessi esecutori del video, sono stati pubblicati in edizione critica in Musiche tradizionali del Salento. Le registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto De Martino (1959 – 1960), curato da Maurizio Agamennone (Squilibri edizioni , libro più 2 cd, euro 23).

 

 

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