Vincenzo Santoro
da Melissi n. 10/11, luglio 2005
Genesi
Il movimento della pizzica nasce tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta del secolo scorso. In quel momento diversi singoli o gruppi di operatori, muovendosi in sorprendente autonomia uno dall’altro, cominciano a ritessere il filo della tradizione musicale. Si ritorna a suonare musica dichiarata come popolare, comunque in varia misura derivante dai modi e dai repertori locali.
I protagonisti di allora hanno storie diverse. Qualcuno proviene dalla stagione del folk revival degli anni settanta(1); altri sono invece giovani che basano la conoscenza dei repertori tradizionali soprattutto sulle vecchie registrazioni degli anni Settanta ancora disponibili(2); poi ci sono gli anziani cantori sempre in circolazione, che in realtà non avevano mai smesso di suonare e cantare(3). In diversi casi si tratta di persone che sono state via dal Salento per diverso tempo e, dopo aver fatto esperienze molteplici, ritornano con la precisa intenzione di «creare qualcosa».
Parallelamente al ritorno di interesse per la musica, si sviluppa la riflessione sul fenomeno del tarantismo e sull’interpretazione che ne diede Ernesto de Martino ne La terra del rimorso (libro che diventa rapidamente un best-seller nelle librerie locali e soprattutto nelle bancarelle che accompagnano gli eventi musicali), da cui scaturisce una vasta e spesso incontrollata produzione libraria.
C’è poi l’attività – fondamentale per molti versi – del regista Edoardo Winspeare, che usa l’incisivo veicolo del cinema per costruire l’immaginario forte di un Salento antico e magico, e di una cultura contadina ancestrale e nobilissima(4), ma allo stesso tempo opera come un vero e proprio organizzatore di cultura, patrocinando le mitiche feste nelle campagne del Capo di Leuca, ritrovando e in qualche modo rilanciando alcuni cantori, contribuendo alla creazione di vari gruppi musicali. Tutti poi si ritroveranno sul set di Pizzicata, fecondo cantiere foriero di molteplici sviluppi successivi.
Infine, un rapporto importante è quello che si instaura con l’altro movimento musicale salentino di quegli anni, quello del tarantamuffin dei Sud Sound System, con cui ha in comune almeno la rilegittimazione dell’uso del dialetto, la pratica musicale dal basso e una certa forma di rivendicazione identitaria delle radici culturali. In molte delle scatenate feste estive delle posse salentine vengono invitati anche dei musicisti tradizionali (tra cui Luigi Stifani e gli Ucci), creando un significativo scambio di esperienze e di pratiche musicali.
Un movimento dal basso
Questa breve ricostruzione iniziale della genesi del movimento della pizzica aveva l’obiettivo di mettere in evidenza il suo carattere iniziale di movimento dal basso. Tutto nasce per iniziativa di gruppi di base quando non di singoli, nel completo disinteresse delle istituzioni e nella mancanza di qualsiasi politica di incentivazione pubblica. Le feste, i concerti, le pubblicazioni di libri e cd musicali procedono per lungo tempo senza un intervento significativo di alcuna istituzione. Anzi si può dire che la classe politica salentina guardasse al movimento crescente con sufficienza e a volte con fastidio.
Le cose cominciano a cambiare dopo la metà degli anni novanta, quando il movimento ormai è esploso, coinvolgendo sempre più gente sia nelle feste e nei concerti dell’estate salentina, sia nelle numerose iniziative (concerti, convegni, corsi, ecc.) che si svolgono nel resto d’Italia e anche oltre. A questo punto alcuni politici più avvertiti decidono di investire sulla pizzica. Aumentano così in maniera significativa le risorse pubbliche destinate a tale scopo, e questo comporta in primo luogo l’aumento delle occasioni spettacolari, che – per i risultati di pubblico e di risonanza mediatica – sono fin dall’inizio il terreno privilegiato degli interventi delle amministrazioni.
L’Istituto Carpitella e la Notte della Taranta
L’intervento sicuramente più significativo in questo campo è rappresentato dalla creazione dell’Istituto “Diego Carpitella” e dalla nascita della Notte della Taranta.
L’Istituto Carpitella nasce tra il 1997 e il 1998 per iniziativa di alcuni Comuni (una parte della Grecìa più Alessano e Cutrofiano) e per la sollecitazione di alcuni intellettuali e operatori culturali locali.
Gli scopi che si proponevano i promotori erano(5):
[…] raccogliere, catalogare, conservare, studiare il patrimonio culturale e artistico del Salento […].
In particolare, gli obiettivi di ricerca e documentazione dell’Istituto sono i seguenti:
(a) recuperare, restaurare e conservare i materiali concernenti la storia orale del Salento – acquisendo altresì, ove possibile, i materiali eventualmente conservati altrove (in Italia e all’estero) ivi compresi i testi scritti (manoscritti o a stampa), i documenti foto-video-cinematografici, i documenti di interesse iconografico, gli oggetti della cultura materiale e ogni altra testimonianza di forme d’arte e artigianale; costituire un archivio di fondi aperto alla consulta/ione dei privati cittadini e degli studiosi.
(b) promuovere campagne e iniziative di ricerca, nonché programmi di formazione, sia direttamente come deliberazione autonoma, sia in convenzione o collaborazione con altri enti di ricerca ed istituzioni didattiche; produrre documentazione dei materiali derivanti dalla ricerca e formazione (su carta, disco, video, cdrom, ecc.), ai fini della loro diffusione esterna all’istituto; favorire ogni forma di creatività artistica ispirata a temi e linguaggi propri della cultura salentina: produrre periodicamente mostre, concerti, e altre forme di manifestazione, per comunicare e pubblicare gli esiti delle ricerche e produzioni realizzate.
Come è noto, di questo ambizioso programma – che elenca problematiche ancora oggi sostanzialmente irrisolte – si è realizzata soprattutto la parte relativa alla produzione di eventi spettacolari.
È infatti proprio dall’Istituto Carpitella, con il contributo essenziale – soprattutto dal punto di vista economico – della Grecìa Salentina, che nasce nel 1998 la Notte della Taranta. Da quella prima edizione, l’iniziativa è cresciuta in maniera esponenziale, grazie anche a una sapiente gestione mediatica, diventando uno degli eventi musicali più importanti a livello nazionale e forse anche internazionale.
Questa manifestazione, che ha ottenuto risultati per molti aspetti clamorosi, ha suscitato negli anni grandi entusiasmi ma anche critiche feroci, soprattutto per la sua tendenza ad “occupare” tutti gli spazi disponibili, per la pratica radicale e spregiudicata della “contaminazione” dei repertori tradizionali che caratterizza la sua proposta artistica(6) e per la scelta di utilizzare massicciamente “maestri concertatori”, direttori artistici, musicisti, “importanti ospiti” non salentini. Su questi aspetti controversi ad ogni edizione puntualmente si scatena tra gli operatori un dibattito aspro e serrato, su cui non è il caso di soffermarsi in questa sede(7).
Quel che è certo è che con l’avvento della Notte della Taranta, il fenomeno pizzica esplode definitivamente: gli vengono dedicati spazi sempre maggiori sui media nazionali e internazionali, diventa materia di numerose tesi universitarie, nascono centinaia di gruppi musicali, vi si dedicano migliaia di praticanti professionisti e semiprofessionisti (musicisti, ballerini ecc.). A questo si arriva anche per effetto di un modo originale di fare marketing territoriale utilizzando l’attrattiva della cultura tradizionale.
Significativamente, questo processo tumultuoso si è realizzato attraverso il rovesciamento delle tendenze iniziali: da un movimento sostanzialmente spontaneo e dal basso si passa a una situazione in cui a tirare le fila sono alcuni amministratori pubblici (e une serie di loro collaboratori) che sono ormai di fatto quasi i portavoce del movimento.
Politiche pubbliche
Con la sua elezione a moda nazionale (e anche un po’ internazionale), il movimento della pizzica costituisce ormai un fenomeno importante non solo dal punto di vista culturale e sociale, ma anche da quello economico. E questo sia per le ricadute dirette (in termini di operatori – musicisti, ballerini, organizzatori di eventi ecc. che lavorano nel settore, traendone una parte importante del proprio reddito) che per quelle indirette, che riguardano la promozione complessiva del Salento come terra della musica popolare e della pizzica. Non è un caso che nel corso delle recenti campagne elettorali per le provinciali e per le regionali la “questione pizzica” sia entrata prepotentemente nel dibattito politico vero e proprio.
Possiamo tranquillamente affermare quindi che l’evoluzione del movimento è diventata una questione di grande importanza, se non una di quelle decisive, per il Salento dei prossimi anni. Assumendo questo punto di vista, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti problematici che a mio parere caratterizzano la situazione attuale, e su cui ritengo sia improrogabile una riflessione critica.
Promuovere la pluralità
In primo luogo, il movimento di cui parliamo ha, come abbiamo detto, un carattere diffuso, a rete. Questo costituisce una grande ricchezza, e forse una delle ragioni principali della sua crescita impetuosa. Un intervento pubblico dovrebbe agire quindi sostenendo la rete, promuovendo la pluralità di iniziative che hanno caratteristiche molto diversificate (concerti, corsi e seminari, convegni, pubblicazioni specializzate, attività didattica, ricerca sul campo) e che sono poste in opera da soggetti vari (Comuni, associazioni, gruppi musicali, case editrici ecc). Naturalmente, nell’ambito di politiche che sappiano selezionare gli interventi in base a criteri di qualità, di capacità di incidere sul territorio, di non estemporaneità (e quindi di continuità negli anni).
Tutto ciò potrebbe apparire scontato, ma finora è accaduto il contrario, e le risorse pubbliche sono state concentrate principalmente su pochi mega-festival estivi, che garantiscono ai politici un forte e immediato ritorno di immagine.
Conservazione e tutela dei patrimoni musicali tradizionali
In secondo luogo, è ormai opinione comune che le istituzioni dovrebbero impegnarsi per sviluppare una seria politica di tutela di questi particolari beni culturali immateriali che sono le musiche e le danze di tradizione. Senza una adeguata tutela – che in questo campo vuol dire soprattutto “protezione” delle feste tradizionali, ricerca sul campo e costruzione di archivi multimediali – una valorizzazione massiccia come quella che è stata fatta in questi anni rischia di arrivare al risultato paradossale di distruggere l’oggetto culturale che si intende valorizzare. Caso emblematico in negativo di questo processo è la festa di San Rocco di Torrepaduli, completamente devastata e deprivata dei suoi elementi peculiari – a cominciare dalla pizzica-scherma, che aveva il suo luogo elettivo proprio davanti al santuario – dalla presenza caorica, debordante e irrispettosa di grandi masse di turisti.
Per queste politiche di tutela, occorre certamente formare una diversa consapevolezza da parte degli operatori e dei fruitori(8), ma non possiamo nasconderci che le responsabilità maggiori ce le hanno le istituzioni. Che oltre a dirottare ingenti risorse pubbliche verso le manifestazioni spettacolari, dovrebbero farsi carico di costruire politiche più articolate e lungimiranti, che promuovano la conoscenza consapevole delle tradizioni locali, magari cominciando dalla creazione – non più rinviabile – di strutture rivolte alla ricerca, alla documentazione, alla conservazione delle fonti. Esattamente come si fa con le chiese, i dipinti, le sculture, le biblioteche, gli archivi cartacei. E occorre far presto, perché una parte fondamentale di queste documentazioni proviene da persone in carne ed ossa, che hanno ancora una conoscenza profonda dei patrimoni musicali tradizionali, nella loro complessità e differenziazione, ma che, per ovvie ragioni, col passare degli anni diventano sempre meno disponibili.
Del resto, la conservazione delle fonti è importante sia per preservare la memoria storica nella sua complessità e nella sua articolazione plurale, sia perché solo a partire da una conoscenza approfondita dei patrimoni tradizionali si può ipotizzare un’evoluzione artistica e musicale che non sia banalizzante e che non risponda solo a meri scopi di commercializzazione. Basti pensare, per andare ad un esempio di oltreoceano, a qual è stato il rapporto tra la documentazione sul blues e sulla tradizione afroamericana frutto delle ricerche sul campo(9) e l’evoluzione del jazz e del rock nel corso del novecento.
Quale evoluzione potremo dunque mai avere se dissipiamo le stesse fonti della nostra ispirazione?
Infrastrutture per la musica popolare
Questo ventaglio di interventi devono essere perseguiti ai vari livelli istituzionali. Certamente sono interessati i Comuni, che hanno spesso un ruolo centrale nel finanziamento delle varie iniziative, e che dovrebbero muoversi con maggiore consapevolezza, magari con un’ottica meno di corto respiro, e possibilmente in maniera coordinata (una delle ragioni del successo delle iniziative della Grecìa e dell’Istituto Carpitella è questa).
Responsabilità maggiori ha la Provincia di Lecce, che in questi anni ha investito risorse notevoli sui beni e le attività culturali (è una delle Province che spende la quota maggiore di bilancio in questo settore a livello nazionale). Specialmente per questo Ente valgono i ragionamenti che abbiamo esplicitato in precedenza. Occorrerebbe investire, oltre che sui grandi eventi, anche su quelle che potremmo definire infrastrutture culturali.
Forse l’intenzione – annunciata con grande clamore la scorsa estate dall’Istituto Carpitella e subito ripresa da autorevoli esponenti del governo provinciale e recentemente anche dalla nuova giunta regionale di Nichi Vendola – di creare una Fondazione Notte della Taranta intende muoversi proprio in questa direzione, proponendosi di attivare una istituzione capace di muoversi con maggiore flessibilità e incisività, con una buona dotazione finanziaria e con ampi margini di autonomia. L’iniziativa appare complessivamente apprezzabile, soprattutto perché segnala finalmente un salto di qualità nel dibattito sugli interventi di parte pubblica e una volontà di muoversi con una logica meno estemporanea. Inoltre – altro elemento da apprezzare – tra gli obiettivi della Fondazione ci dovrebbero essere anche la promozione della ricerca sul campo e la creazione di un archivio multimediale.
Le caratteristiche della proposta sul tappeto segnalano però ancora – a mio avviso – alcuni elementi fortemente problematici. Come si può evincere bene dal dibattito in corso, questa iniziativa appare rispondere soprattutto alla richiesta di rafforzare ulteriormente la Notte della Taranta come “mega evento”. Sorge il dubbio che concentrare nello stesso luogo decisionale – e per giunta direttamente dipendente dalla politica – attività così diverse (sia come risonanza mediatica, sia come interesse a breve termine) finirebbe per rendere residuali quelle più “deboli”, mentre tutta l’attenzione, gli sforzi organizzativi e le risorse verrebbero destinate al grande festival estivo e alle iniziative direttamente correlate.
Da questo punto di vista non possiamo non ricordare l’esperienza emblematica dell’Istituto Carpitella, nato fondamentalmente proprio per la ricerca e la creazione di un archivio ma poi caratterizzatosi quasi esclusivamente per l’organizzazione della Notte della Taranta.
Probabilmente la strada da perseguire per non incorrere negli errori del passato è quella di separare l’organizzazione del grande evento e le attività di ricerca e di documentazione (che peraltro richiedono competenze completamente differenti), attribuendone la titolarietà a soggetti diversi, ognuno con la sua propria autonomia e il suo campo di azione ben delimitato.
Verso una legge regionale
La vera grande assente negli intervento sul movimento della pizzica è stata però finora la Regione Puglia, che semplicemente ha ignorato il problema(10). Questa latitanza è stata molto negativa, perché proprio a livello regionale è possibile, utilizzando anche la potestà legislativa, costruire politiche più organiche e meno estemporanee.
Altre Regioni si sono mosse – o stanno proprio in questi mesi definendo i propri interventi – con strumenti differenziati su questi argomenti. In particolare, mi sembra interessante segnalare il caso del Piemonte, che ad oggi è l’unica ad avere una legge regionale specificamente dedicata alla musica popolare, che prevede forme di sostegno ai gruppi e alle associazioni che svolgono un lavoro continuativo, raggruppati in un albo regionale. Ma anche la Sardegna, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia hanno prodotto interventi significativi in questi campo.
All’interno del dibattito sulla legislazione regionale occorre segnalare anche una articolata e puntuale proposta presentata in Molise dal gruppo di Alleanza Nazionale, che prevede interventi nel campo della documentazione, della ricerca, della didattica (attraverso l’istituzione di strutture espressamente dedicate a questi scopi) e della promozione territoriale (con l’interessante suggestione della creazione di un circuito dei borghi a vocazione musicale) .
Per sollecitare la messa in opera di un intervento di sistema a livello regionale, all’interno della web community www.pizzicata.it si sta lavorando all’elaborazione di una proposta di legge regionale sulla musica popolare, che prendendo spunto da iniziative analoghe sviluppate da altre regioni, si muove proprio nella direzione descritta in precedenza. L’occasione per presentare la proposta di legge e per discuterla con gli operatori del settore e con le istituzioni interessate saranno gli Stati generali della ricerca sulla musica popolare in Puglia, che si svolgeranno ad Alessano (Lecce) il 10 agosto 2005.
La speranza è di trovare nella nuova classe politica della Regione Puglia le sensibilità giuste per ascoltare le istanze che provengono dal basso e per intervenire con la forza e la lungimiranza necessarie in un settore che sta acquistando una importanza sempre maggiore per la nostra terra.
(1) Il primo folk revival salentino prende avvio all’inizio degli anni settanta per l’iniziativa di un ristretto circuito di intellettuali che operano all’interno del Gruppo Universitario Teatrale dell’Università di Lecce, tra cui Rina Durante, stimolati anche dall’incontro con Giovanna Marini, venuta in Salento per le sue ricerche sulla musica popolare del sud. Da quell’esperienza scaturiscono il Gruppo Folk Salentino, primo gruppo locale “di riproposta”, e successivamente, sempre per lo stimolo di Rina Durante, il Canzoniere Grecanico Salentino.
(2) il disco del Canzoniere Grecanico Salentino Canti di Terra d’Otranto e della Grecia Salentina, pubblicato dalla Fonit Cetra nel 1977 e i due dischi a cura di Brizio Montinaro Musiche e canti popolari del Salento, pubblicati dalla Albatros nel 1977-78. (3) ovviamente Luigi Stifani, gli Ucci, Pino Zimba e diversi altri.
(4) Con il documentario San Paolo e la tarantola del 1989 (che contiene una divertente intervista a Luigi Stifani) e soprattutto con il film Pizzicata (1996).
(5)la citazione è tratta dai documenti costitutivi dell’Istituto.
(6) che però, dopo aver raggiunto il massimo con la presenza di Stewart Copeland, si è fortemente attenuata con la direzione di Ambrogio Sparagna, che ha impresso una svolta notevole all’impostazione della manifestazione, soprattutto sul piano programmatico, affermando di volerla riportare «all’interno della grammatica della musica popolare».
(7) una selezione di articoli sull’argomento si può trovare sui siti www.vincenzosantoro.it e www.pizzicata.it; su quest’ultimo sito sull’argomento Notte della Taranta vi sono stati diversi forum di discussione molto partecipati.
(8)alcune iniziative sono già in campo, a cominciare – per rimanere all’esempio precedente – da proteggiamo Torrepaduli (www.pizzicata.it)
(9)condotte anche dallo stesso Alan Lomax che, insieme a Diego Carpitella è stato il primo (1954-55) a fare ricerca sistematica sulla musica popolare salentina (all’interno di un progetto che riguardava tutto il nostro Paese).
(10) a parte le polemica sterile e pretestuosa della scorsa estate sulla pizzica di destra o di sinistra.
(11) È da segnalare anche un’altra interessante proposta di legge, questa volta addirittura a livello nazionale, presentata dal senatore Euprepio Curto del collegio di Francavilla Fontana, contenente “Disposizioni per favorire la conoscenza e la diffusione della pizzica, della taranta, delle musiche e dei canti popolari salentini”. Anche in questo caso vengono previsti interventi sulla ricerca, sulla conservazione delle fonti e sulla didattica, da finanziare attraverso un apposito fondo nazionale.
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