Una visita autunnale al “Museo storico del tarantismo” di Melpignano

museotarantismoHo visitato ieri, in una fresca e radiosa serata di inizio autunno, il “Museo storico del tarantismo di Melpignano“, inaugurato il 10 agosto scorso e ubicato in alcune stanze al piano terra del Palazzo Marchesale.

Il piccolo ma vivacissimo paese della Grecìa, che ho cominciato a frequentare assiduamente alla metà degli anni novanta, è certamente uno dei miei luoghi del cuore. Negli ultimi anni per varie ragioni le mie visite, una volta molto frequenti, si sono diradate, ma tornarci è sempre un grande piacere. Girando per le sue graziose vie – che, in particolare nella parte più antica, sono ricche di notevolissime testimonianze storico-artistiche – si viene sempre colpiti per un senso complessivo di cura della cosa pubblica, che qui si trova a livelli molto alti, con pochi paragoni nel Salento “normale” ( e non solo). Ecco, Melpignano me lo ricordo così, fin dalle prime volte che ci venivo: un paese bellissimo e “diverso”, amministrato in maniera innovativa e lungimirante (e in qualche caso addirittura “visionaria”) ma anche, mi pare, complessivamente più rispettato dai suoi cittadini. Un paese, per tanti aspetti, da cui prendere esempio.

museo tar 7E anche la visita di ieri non ha mancato di concederci forti emozioni. Siamo arrivati poco prima del tramonto, con una luce tersa e incantata, e ci siamo recati al mirabile Palazzo Marchesale, restituito da poco alla pubblica fruizione dopo un lunghissimo (più di venti anni) e complesso restauro. Si tratta di un nobile edificio in pietra leccese costruito nel 1636 – ma in forme ancora rinascimentali – per iniziativa di Giorgio Castriota-Scanderbeg, un discendete dell’omonimo leggendario eroe della resistenza albanese contro i turchi. Quello che ha di veramente straordinario è il grande giardino quadrangolare retrostante, un luogo di delizie ricchissimo di piante e alberi di pregio, impreziosito da pergolati, fontane e sedili in pietra, circondato da uno spettacolare recinto fortificato – con tanto museo tar 6di torri tonde e quadrate – che si affaccia su un fossato perfettamente conservato. Questa parte è delimitata da un ampio slargo esterno che la separa dalle abitazioni vicine (e dal palazzo comunale) che consente di ammirare le strutture antiche in tutta la sua imponenza: è la prima “visione” che abbiamo avuto arrivando ed è stata veramente un colpo al cuore. Si può dire senza ombra di dubbio che si tratta di un luogo di grandissimo pregio, assolutamente imperdibile, un’altra gemma che, per merito della tenacia di “lungo periodo” delle amministrazioni comunali melpignanesi, si aggiunge al patrimonio culturale salentino.

museo tar 5Al piano terra del palazzo, da una entrata accanto a quella principale, si accede al Museo storico del tarantismo. Come sa chi mi conosce, da molto tempo sostengo la necessità per il Salento (e non solo) di realizzare strutture che consentano ai cittadini e ai tanti visitatori una conoscenza più approfondita di questo fenomeno storico di grande complessità, che continua a suscitare interesse (configurandosi dunque anche, per usare il brutto lessico del settore, come “attrattore turistico”) e su cui fioriscono anche interpretazioni decisamente fantasiose. Se ne parla da tanto tempo, ma finora si è fatto poco o nulla, a parte qualche iniziativa effimera e del tutto insoddisfacente. Per queste ragioni, avevo accolto con piacere e curiosità la notizia della realizzazione di questo “Museo“, a cui i mezzi di informazione locali hanno dato al solito grande enfasi. Lasciato passare il giusto tempo (e lasciate sfumare le passioni estive), ho deciso dunque di dedicargli una visita.

museo tar 4Dico subito che, a fronte di grandi aspettative, questo “Museo storico del tarantismo” ha riservato non poche delusioni. Si tratta di fatto della sistemazione della collezione di Toni Candeloro, un danzatore e coreografo di fama internazionale, che, essendosi appassionato del tarantismo, ha raccolto preziosi reperti riguardanti l’antico rito, in particolare originali dei libri più importanti che nel corso dei secoli hanno trattato il fenomeno, ma anche vecchi strumenti musicali, statuette raffiguranti ballerini e musicisti impegnati in azioni tarantesche e così via. Aver dato una “casa” a questa interessante raccolta, che da tempo girava in attesa di una sistemazione definitiva (la avevo vista allestita al MUST di Lecce nel 2016 in una mostra che aveva il nome “Taranterra”, anche in quel caso con allegato imperdibile catalogo), è stato sicuramente un grande merito. Purtroppo però, a parte questa suggestiva serie di oggetti, dispiegati in ordine più o meno cronologico,  il “Museo” offre ben poco. Mancano infatti all’inizio del tutto anche le minime informazioni storico antropologiche: cos’è il tarantismo? Perché in tanti museo tar 3se ne sono occupati? Perché è così importante per il Salento (e per la Puglia tutta)? Manca una necessaria contestualizzazione: chi sono quei signori di cui sono esposte le vetuste effigi? Perché si sono interessati al “male pugliese”, nelle opere che possiamo vedere nelle vetrine? Ci sono peraltro lacune abbastanza significative: per fare l’esempio più eclatante ad Ernesto de Martino ed alla sua indagine, oltre all’esposizione della prima edizione della Terra del rimorso sono dedicate solo pochissime righe. Anche le targhette esplicative sono molto “per addetti ai lavori” (e spesso risultano quasi illeggibili, per la collocazione – a volte nella parte inferiore delle vetrine, per cui bisogna piegarsi molto per guardarle – e per essere scritte in caratteri microscopici).  Inoltre, mi ha molto colpito la totale assenza di tutto quello che potremmo definire l’apparato multimediale del tarantismo (le foto, le immagini dei documentari storici, le musiche…), di cui conosciamo l’importanza e la grande potenza evocativa, e – cosa ancora più strana visto che ci troviamo nel paese che giustamente si gloria di essere la culla della Notte della taranta – la mancanza di museo tar 2qualunque tentativo di connettere, anche con il necessario approccio critico, il tarantismo storico con il revival contemporaneo. Insomma, un visitatore che non conosca già in partenza in maniera approfondita il fenomeno e la sua ricchissima “letteratura storica” credo che uscirà da questo “Museo” molto confuso e avendo capito meno di prima.

Se vogliamo concludere con una punta di ottimismo, possiamo dire che questa iniziativa (per carità, comunque lodevole), si possa configurare come un buon punto di partenza per necessari – molto ampi – approfondimenti.

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